di SOFIA GADICI
Una storia di disperazione. Il 26 maggio sul Washington Post viene raccontata la vita di Raymond Girtley, giovane afroamericano con poca istruzione e pochi soldi che ha trovato facilmente un pistola e ha scelto di fare una rapina, poi il carcere, la recidiva e nessun futuro davanti a sé. Un vita segnata, apparentemente. Quel che c’è di diverso in questa storia raccontata dal Post è che, dedicato poco spazio al fatto in sé, viene raccontata l’attività dell’associazione First 72+ che si occupa di aiutare, nell’immediato (nelle prime 72 ore appunto) chi esce dal carcere. Una casa, un po’ di compagnia, un passaggio, del cibo, dei vestiti. In uno Stato come la Louisiana, in cui il tasso di recidiva è il 42%, fa riflettere come nessuno degli ex carcerati che ha avuto rapporti con l’associazione sia tornato in prigione. “Voglio lasciare questo mondo sapendo di essere stato d’aiuto per la prossima generazione di ragazzi”, ha raccontato Girtley, ora volontario per First 72+. Questo è il Solutions Journalism: un problema, una possibile soluzione.

Cosa e’ andato storto

L’idea è quella di spostare l’attenzione dal “cosa è andato storto” a “ecco un modo per risolvere la questione”. Viene dedicato molto spazio agli esempi di chi ha cercato di superare una criticità per integrare e rafforzare la notizia. Non solo. Come si legge sul sito del Solutions Journalism Network, “i giornalisti spesso sono frustrati dal fatto che le loro indagini non producano cambiamenti reali. Quando mettono in luce i fallimenti della società o di un sistema, le autorità rispondo con espressioni del tipo: ‘Stiamo facendo del nostro meglio’. Ma se nelle inchieste giornalistiche venisse aggiunta una parte dedicata a soluzioni già esistenti, allora i responsabili non potrebbero più usare questo alibi. Inoltre, si può dare conto anche di successi parziali o fallimenti, in ogni caso l’approccio sarebbe più costruttivo”. I temi trattati dal SoJo sono numerosi, spaziano dalle condizioni dei carcerati a quelle degli afroamericani, dall’abbandono scolastico ai cambiamenti climatici, dall’aumento dei prezzi delle case e alla bassa affluenza alle urne.

effetto sui profitti

Questo modo di fare informazione sta crescendo anno dopo anno e sta attirando l’attenzione degli addetti ai lavori, anche perché ha un effetto positivo sui profitti. Le testate hanno guadagnato grazie a un’aumento della fiducia dei lettori e hanno attinto da raccolte fondi e progetti filantropici. The Seattle Times ha ottenuto finanziamenti ingenti grazie a progetti di reportage che includevano esempi di soluzioni a problemi sociali, come nel caso dell’Education Lab: un progetto finanziato dalla Bill & Melinda Gates Foundation, Amazon e City University of Seattle che mette in luce gli approcci virtuosi alle sfide dell’istruzione pubblica. La Richland Source, organizzazione mediatica dell’Ohio, lavorando in questo modo ha ottenuto, in un mese, 70.000 dollari dalle imprese locali con la promessa di realizzare nuove inchieste SoJo. Per Tracie Powell, fondatrice di All Digitocracy: “Ogni volta che si coinvolge il pubblico per affrontare le sfide più urgenti della vita si ha un valore aggiunto per il quale persone sono disposte a pagare”. Nel 2018, Solutions Journalism Network hanno raccolto donazioni per 1,3 milioni di dollari per supportare il giornalismo delle soluzioni.

undicimila storie

Il Network è nato nel 2013 per volontà di due giornalisti, David Bornstein e Tina Rosenberg. I due curavano la rubrica Fixes” sul New York Times e si occupavano, ogni settimana, di un problema sociale urgente. Il successo fu tale che decisero di creare un’organizzazione con la missione di “diffondere la pratica del giornalismo delle soluzioni e rispondere ai problemi sociali”. Da allora sono state raccolte 11.903 “storie di SoJo” provenienti da 1.473 testate giornalistiche, di 183 paesi.
È stato recentemente pubblicato uno studio della società di analisi dei media SmithGeiger che dimostra l’efficacia dello storytelling improntato sulle soluzioni. Sono state intervistate 638 persone in sei diverse aree metropolitane degli Stati Uniti e l’88% ha affermato che la “solution news” ha lasciato su di loro un’impressione positiva. L’interesse verso una notizia è del 54% quando si tratta di una storia “classica” e del 61% quando viene proposta anche una soluzione. La fiducia degli intervistati sale dal 55% all’83% e il 52% delle persone considera “edificante” la notizia correlata da soluzioni.
Il Solutions Story Tracker -come ha raccontato domenica 30 maggio la news letter Charlie– è un registro in cui vengono raccolte le “solutions news”. Ecco alcuni esempi recenti: “Reforms are emptying Louisiana’s prisons. This group makes sure no one goes back”, The Washington Post, 26 maggio 2021; “This running program gives a mental health boost to incarcerated women”, The Philadelphia Citizen, 27 maggio 2021; “Reimagining a Better World After George Floyd’s Death”, Yes! Magazine, 24 maggio 2021.
(nella foto, Tina Rosenberg e David Bornstein)

LASCIA UN COMMENTO