di DANIELE CURCI

Dopo anni di discussioni e riorganizzazioni societarie, tensioni in seno alla dirigenza e tagli al personale il 30 aprile Netlit, società posseduta al 100% dalla cooperativa Open Group, cede le frequenze e gli impianti di Radio Città del Capo a Radio Subasio srl, parte del Gruppo Mediaset. Una decisione che sorprende molti vista la storia di Radio Città del Capo, vicina agli ambienti della sinistra bolognese. 

È il 1987 e a Radio Città, radio libera di Bologna, si insedia un consiglio di amministrazione vicino a Democrazia Proletaria, provocando dei malumori nella redazione perché non tutti vogliono vedersi dettare la linea editoriale dal partito. Una fronda di dipendenti decide quindi di lasciare e di fondare Radio Città del Capo, che “nacque il 12 ottobre del 1987 con un trasmettitore di fortuna e una frequenza spuria, la 96.250”, racconta Riccardo Tagliati, direttore della radio tra il 2016 e il 2020. La nuova radio nasce sia come contestazione rispetto alle ingerenze dei partiti nel giornalismo, sia sulla scia lunga delle radio libere di sinistra. Fino alla sua chiusura a maggio, infatti, Radio Città del Capo adotta una linea editoriale improntata al rigore, ma con la prospettiva della sinistra bolognese. 

concerto dei nirvana

Negli anni Novanta la radio cresce sia grazie alla cronaca politica e culturale di Bologna, sia allo spazio che viene dedicato alla musica “emergente”. Nel 1991, ad esempio, contribuisce all’organizzazione di uno dei primi concerti dei Nirvana in Italia. Come forma di finanziamento la radio sceglie quella dell’abbonamento; per garantire maggiore stabilità i fondatori danno vita a una cooperativa, Not Available, che diviene l’editore della radio. Viene, inoltre, ampliata l’offerta con l’adesione al circuito di Radio Popolare, di cui Radio Città del Capo trasmette i notiziari. La radio non si occupa solo di informazione locale e nazionale, ma fornisce anche servizi sugli esteri, ad esempio ospitando negli anni successivi rassegne stampa sul Medio Oriente e sugli Stati Uniti redatte da esperti. 

 La storia di Radio Città del Capo si intreccia con quella della sinistra bolognese e le spaccature che nascono al suo interno. Ed è proprio grazie ad una scissione che nei primi anni duemila Radio Città del Capo amplia le sue frequenze. “Nel 2000, dopo la sconfitta alle comunali di Bologna della sinistra, il Pds decide che si deve in qualche modo fare opposizione e spinge quindi su alcune radio creando, assieme agli ambienti della sinistra giovanile, Radio Fujiko. Quell’esperienza dopo qualche anno va in crisi economica e nel 2004 l’Arci Bologna, che era proprietaria della frequenza 94.7, decide di uscire dalla compagine di Fujiko e di mettere la sua frequenza in Radio Città del Capo”.

 educazione e media

Le cose iniziano a cambiare nel 2011 quando nonostante l’opposizione di alcuni soci, tra cui l’allora direttore Paolo Soaglia, Not Available decide di aderire a Voli Group, una cooperativa che si occupava di comunicazione, educazione e catalogazione. Pochi anni dopo, nel 2014, nasce un’altra cooperativa che divenne il nuovo editore di Radio Città del Capo: Open Group. In essa confluivano Voli e due cooperative di Sasso Marconi: La Rupe, che si occupava del reinserimento sul lavoro degli ex tossico dipendenti, e Copas, che aveva come scopo l’inserimento lavorativo dei disabili. Secondo Tagliati l’inizio della fine inizierebbe quando “quando la cooperativa di Radio Città del Capo ha deciso che la radio non era più la cosa principale. Il problema è che quel modello di radio non era sostenibile e non si è stati in grado di trovare soluzioni alternative”. I problemi economici non accennano a trovare una soluzione e nel 2018 il nuovo editore di Radio Città del Capo diviene Netlit srl. Si tratta di una cooperativa in cui confluiscono Open Group, che ne possedeva il 40%, e Mandragola, una cooperativa editrice attiva nel settore dei media e dell’educazione.

appello oscurato

Cambia leggermente la linea editoriale perché “la volontà era di fare una radio che si rivolgesse al settore dell’educazione”, spiega Tagliati. Ma i legami tra Open Group e Mandragola risultano difficili, in parte per la scarsa sostenibilità economica, in parte perché la radio rappresenta un aspetto secondario nei piani di Netlit. A conferma della parziale marginalità della radio nell’agosto 2019 Netlit annuncia la cessione della frequenza 94.7, la frequenza che fu di Radio Fujiko, a Radio Dimensione Suono (RDS). I disaccordi nati tra Open Group e Mandragola arrivano però ad un punto tale che nel 2020 la programmazione della radio viene sospesa e i dipendenti messi in cassa integrazione. La redazione diffonde una serie di comunicati e l’appello “Vogliono zittire Radio Città del Capo”. L’appello non è più consultabile perché il sito della radio è stato oscurato. 

Infine, un comunicato del novembre 2020 annuncia che Open Group rileva tutte le quote Netlit, e non lascia spazio a molti dubbi: “Open Group ora guarda al futuro attraverso un progetto più ampio, quello di Melting Pod, una nuova struttura dedicata al digitale, alla produzione di contenuti audio e di podcast, di cui Radio Città del Capo entrerà a fare parte”. È il prologo della fine di una delle ultime radio libere di sinistra bolognesi le cui ultime frequenze, la 96.300 su Bologna e la 97.500 su Sanremo, vengono di lì a poco vendute a chi i suoi dipendenti e ascoltatori non si sarebbero mai aspettati: Mediaset. 

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