di VITTORIO ROIDI

“Mario Draghi deve parlare di più”: lo hanno chiesto tante persone in questi giorni, anche fra i giornalisti (Lilli Gruber, Massimo Giannini, Palmerini, Murgia). C’è nostalgia per gli interventi che faceva Giuseppe Conte, che compariva immancabilmente, ad ogni Dpcm, guarda caso quasi sempre alle 20, l’ora dei grandi Tg. Sembra che a molti manchi quella presenza, diventata quasi abituale (quando fu sfiduciato aveva consensi oltre il 60 per cento). Per questo sollecitano che Draghi si faccia vedere più spesso perché, dicono, contribuirebbe a tranquillizzare e a rasserenare i cittadini. 

Così gli è stato rimproverato di non essere comparso in video al momento della sospensione del vaccino AstraZeneca. Ma siamo sicuri che, se la avesse annunciata lui al posto del ministro Speranza e del Comitato scientifico, la decisione non sarebbe apparsa più grave e traumatica? A posteriori – visto che quell’interruzione è stata giudicata inopportuna – forse ha fatto bene il Presidente a non esporsi più di tanto.

casalino e i rimpianti

Comunque, in pochi giorni la strategia dell’informazione dal Palazzo è cambiata. Ed ecco che molti sembrano rimpiangere Rocco Casalino, che organizzava eventi stampa e approntava tavolini in piazza per far parlare il Capo davanti ai microfoni e alla nazione. Ma era quello il modo corretto di informare? Quante volte Conte era stato accusato di giocare una partita propria, per ottenere consensi più che per dare notizie? Troppe parole non rischiano di accrescere il teatrino e di tenere alto il volume delle polemiche? Meglio tenere il fuoco basso se non si vuol veder traballare la propria maggioranza, deve aver pensato Draghi.

Poi, la sera di venerdì 19, per spiegare il decreto Sostegni (Ristori è termine ormai abbandonato, per fortuna) il presidente del Consiglio è apparso in una conferenza stampa, con i ministri Franco e Orlando. Tranquillo, pacato, mettendo e togliendo la mascherina dal volto, Draghi ha risposto anche alle domande più insidiose (“decisione politica, quella di seguire la Merkel e bloccare AstraZeneca?”) con piccoli sorrisi e soprattutto pochissime parole. Tecnica che ha assimilato durante i lunghi anni trascorsi in delicati consessi internazionali. Il profilo alto chiesto dal presidente Mattarella, per lui deve vuol dire anche questo.

sedute notturne 

Ha scritto il costituzionalista Michele Ainis: “Il nuovo presidente del Consiglio non straparla su Facebook, non convoca il Gabinetto in sedute notturne che poi tirano l’alba, raccomanda misura ai suoi ministri (ma anche ai virologi del comitato scientifico, e qui è più dura). E’ una giravolta, un cambio di stagione”. Il giurista sembra apprezzare, afferma che le istituzioni si rappresentano meglio in questo modo. E poi: a chi tocca informare? Il dovere del premier è quello di spiegare le decisioni prese dal governo o quello di rassicurare i cittadini? Ha fatto sicuramente bene Giuseppe Conte quando, durante i momenti più drammatici della pandemia, ha spiegato in tv che era indispensabile seguire le indicazioni delle autorità scientifiche, ma a cosa servono i portavoce, pagati dallo Stato, che sono stati chiamati ad aiutare tutti i ministri? Spetta a costoro tenere un rapporto corretto con gli organi di informazione. Sobrietà, fatti e pochi aggettivi: anche loro seguono una direttiva più severa. Favorire la trasparenza degli atti amministrativi e fermarsi lì. Ma in altre nazioni sono i portavoce che vanno al microfono per comunicare ufficialmente i provvedimenti del Governo, perché da noi no?

inutili show

A ciascuno il proprio ruolo e il proprio posto, verrebbe da dire. Non deve stravincere la dea-immagine, che sembra condizionare molti protagonisti e gesti della politica. Una divinità moderna che non aiuta a conoscere la verità e contribuisce invece al chiasso di inutili show e alla sarabanda di dibattiti nei quali tutti parlano e nessuno ha mai ragione.

Per i giornalisti che vanno a caccia di notizie, ovviamente il silenzio del capo del Governo rende il lavoro più arduo, ma è tempo che i direttori dei giornali si decidano a considerare notizie solo i fatti, anziché i tweet, i post e le frasi raccolte sul marciapiede da un onorevole che cerca solo di farsi pubblicità. Alcuni cronisti si lamentano. Giovanni Innamorati, dell’Ansa, durante un dibattito sull’informazione politica organizzato dall’Associazione stampa romana, ha detto: “Le dirette Facebook dei politici, che vengono registrate dalle agenzie, senza possibilità di fare domande, senza intervento neanche sulle false affermazioni; le chat governate dagli uffici stampa delle istituzioni, dei partiti o dei politici, sono vere e proprie veline serali, che si ritengono sufficienti”. Sono materiali che finiscono nei notiziari e nelle pagine, magari anche “per pigrizia”, ha ammesso lo stesso Innamorati. Vero, ma è sufficiente non usarle, quelle veline, basta non riprendere quelle affermazioni che i politici spargono a manciate su Facebook  e che non contengono informazioni. Lasciamo che straparli sui social quel deputato. Il lavoro dei giornalisti è altra cosa. Al chiacchiericcio non partecipano i professionisti dell’informazione, che non sono imbonitori, né ciarlatani. E non possono accettare neppure che Beppe Grillo spieghi quali domande possono fare e quali no. Lui è un comico e come tale ragiona.

I giornalisti sono professionisti che non prendono ordini e che hanno il dovere di fornire al cittadino informazioni veritiere, sulla base di precise regole etiche. Non partecipano al circo mediatico, dal quale anche il capo del Governo sembra deciso a tenersi lontano.

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