Il Covid ha ucciso anche Mario Proto, fotografo che con le sue immagini ha raccontato per quasi 50 anni tutti i fatti di Roma, grandi e piccoli. Da tre settimane era ricoverato in terapia intensiva al Policlinico Gemelli.

«Ho assistito a talmente tanti fatti che nemmeno li ricordo tutti. Ho iniziato nel 1973, ho visto il terrorismo, gli anni di piombo, la Banda della Magliana, che a Roma ha fatto un bel pò di danni… mi sono divertito. Ho avuto tantissime soddisfazioni personali e ho vissuto tante pagine di storia». Così Proto,  sintetizzava a “The Wise Magazine” la sua straordinaria esperienza professionale.

Sul campo dal 1973, ha visto e documentato – tra i primi – la strage della scorta di Aldo Moro in via Fani, la vicenda di Alfredino Rampi, il bimbo caduto nel giugno del 1981 in un pozzo nelle campagne di Vermicino, la cattura di Renato Vallanzasca, l’arresto dell’attentatore del Papa, Ali Agca, che per primo riuscì a fotografare lungo un corridoio della questura di via di San Vitale. Per anni in servizio per il Corriere della Sera, è stato un punto di riferimento per almeno due generazioni di cronisti e giovani fotografi. La battuta sempre pronta, un sorriso gentile per tutti. Mario Proto ha seguito anche i grandi gialli degli anni ’90, dal delitto di via Poma a quello dell’Olgiata fino all’omicidio di Marta Russo, la studentessa assassinata all’universita’ La Sapienza. Recentemente aveva seguito anche le indagini sul delitto di Mario Cerciello Rega, il vicebrigadiere dei carabinieri colpito a morte vicino a piazza Cavour nell’estate del 2019. Tra le ultime immagini che aveva pubblicato anche quelle di Roma deserta, impaurita e sconvolta dal Covid.

Proto fu tra i primi ad arrivare in via Fani il 16 marzo del 1978, sulla scena dell’agguato a Moro. Sua la foto, passata alla storia, che ritrae l’appuntato Domenico Ricci e il maresciallo Oreste Leonardi, di scorta a Moro, accasciati l’uno sull’altro e già morti. Un’istantanea che fece il giro del mondo, raccontando il sacrificio degli uomini che tentarono di impedire il rapimento del Presidente della Dc. “Conoscevo bene -ha raccontato Proto- i ragazzi della scorta di Moro. Avevo seguito il Presidente talmente tante volte, che si può dire fossimo diventati amici. Ci incontravamo mentre aspettavo la fine delle riunioni politiche o dei vari incontri nelle segreterie, era inevitabile scambiare quattro chiacchiere”.

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