Boom dell’informazione televisiva. Le notizie sul Covid gli italiani le hanno cercate soprattutto sul piccolo schermo. I telegiornali hanno fatto registrare ascolti record. Nei dieci giorni successivi al divieto di entrata e di uscita dalla Lombardia (7 marzo) il Tg1 è arrivato a un picco di 7.721.668 spettatori (+ 2.340 mila); il Tg5 a 6 milioni 646 mila; il Tg 3 ha toccato 3 milioni 393 mila; il tg della 7 è arrivato a 1.868.951 (+ 528.341 sul 2019), con un 6,29% di share.

Gli italiani si sono collegati più spesso con le redazioni regionali della Rai per avere informazioni particolareggiate del proprio territorio: + 25 per cento in valle d’Aosta, 8,6 in Basilicata, 7, 6 in Molise. Audience al massimo ovviamente in Lombardia, che da sola ha totalizzato un terzo degli ascolti dell’intera Tgr: 3,42 per cento in più rispetto al 2019. Ascolti minimi invece in Sardegna, dove i cittadini a quanto pare hanno avuto meno paura del virus.

Secondo l’Auditel gli ascolti televisivi sono stati nettamente superiori a quelli del 2019: 9.989,411 rispetto a 8.818.535 mila. Il Tg1 del 28 marzo è stato il programma più visto della settimana, con un record di 9.487.000 spettatori e il 31,29% di share.

Il pubblico ha scelto soprattutto i Tg della Rai e delle testate più note, alla ricerca di informazioni sicure rispetto a quelle diffuse su Internet. Grande lavoro e responsabilità, dunque, per tutte le redazioni, molte delle quali hanno fatto ricorso al lavoro da casa. Rischi hanno corso i colleghi impegnati nelle zone chiuse dalle autorità, negli ospedali, nelle case di riposo, a contatto con medici, infermieri.

Nei mesi successivi, con l’alleggerimento della pandemia, le preoccupazioni e gli ascolti si sono attenuate. In giugno, comunque, circa 10 milioni di persone hanno seguito ogni giorno i telegiornali, un milione in più rispetto al 2019. Tutti i telegiornali (ad eccezione del Tg4) hanno registrato maggiori ascolti rispetto all’anno precedente. Sono 44 milioni gli italiani che hanno ascoltato almeno un telegiornale.

L’eccezionale emergenza provocata dalla pandemia ha comportato problemi organizzativi, tecnici e professionali, sui quali la Rai per prima ha ora avviato un dibattito. Sulla possibile utilizzazione futura dello smart working nel giornalismo ha aperto una discussione la Fondazione Murialdi, che ha pubblicato interventi di giuristi, sindacalisti e giornalisti.

Professione reporter

(nella foto la giornalista Tg1 Emma D’Aquino)   

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