di ALBERTO FERRIGOLO

“Mario Ciancio Sanfilippo? A Bari, alla ‘Gazzetta del Mezzogiorno’ in vent’anni si sarà visto cinque volte in tutto”, fanno i conti i giornalisti del quotidiano pugliese.

Che fine farà ora la “Gazzetta”?

“Vergogna”, hanno scritto sulla prima pagina lo scorso 6 maggio i giornalisti commentando in un comunicato la dichiarazione di disinteresse del loro editore a impegnarsi per il futuro della testata. L’idea di Ciancio è di mettere in liquidazione la società editrice, la Edisud Spa, uno dei beni che ha avuto indietro il 24 marzo, dopo che la Corte d’Appello di Catania ha disposto il dissequestro di tutti i suoi averi (giornali, società, conti correnti e tv).

La sezione Misure di prevenzione del medesimo tribunale li aveva bloccati il 24 settembre 2018, per un valore complessivo di 150 milioni di euro. Il motivo? Contestano a Ciancio il reato di “concorso esterno in associazione mafiosa”, ma ora i giudici di Catania si sono convinti che “non può ritenersi provata l’esistenza di alcuni attivo e consapevole contributo arrecato in favore di Cosa nostra catanese“. Quindi, è venuta meno anche ogni forma di “pericolosità sociale”, oltre al fatto che “non è risultata accertata e provata alcuna sproporzione tra i redditi di provenienza legittima di cui il preposto e il suo nucleo familiare potevano disporre e beni mobili e immobili a loro riferibili”. Tra i valori dissequestrati, oltre a conti correnti e immobili, c’è il quotidiano di famiglia “La Sicilia”, la maggioranza delle quote della “Gazzetta del Mezzogiorno” di Bari, due emittenti televisive regionali, “Antenna Sicilia” e “Telecolor” e la società’ che stampa quotidiani Etis.

associazione mafiosa

Il processo, comunque, va avanti. 

Classe 1932, catanese, discendente dalla nobile famiglia dei baroni Ciancio di Adrano, Mario Ciancio Sanfilippo, imprenditore nel campo dell’edilizia, dell’agricoltura e della grande distribuzione, è l’editore del quotidiano “La Sicilia” e anche il suo storico direttore dal 1967 al 2018. Proprietario anche di una serie di emittenti locali siciliane, acquisisce la quota di maggioranza della “Gazzetta del Mezzogiorno” più di vent’anni fa, tra il 1997 e il 1998, suo unico bene al di fuori della Trinacria. Nel quale, si diceva, lui provvedesse in maniera generosa a ripianare il bilancio annuale. Al momento in cui, il 24 settembre di due anni fa, interviene il tribunale con il sequestro dei beni di Ciancio Sanfilippo, la società editrice, la Edisud, “è già piuttosto indebitata”, racconta Gianfranco Summo che con Ugo Sbisà, Carmela Formicola, Massimo Levantaci e Antonella Inciso, costituisce il Comitato di redazione in rappresentanza di giornalisti, corrispondenti e collaboratori: “Su Edisud scopriamo la verità delle cose via via, nel corso degli anni”. 

A fine settembre 2018 – nell’ambito del procedimento giudiziario per il reato di “associazione esterna” – vengono nominati i commissari, due professionisti catanesi, per occuparsi del giornale. “E lì i fatti – racconta ancora Summo, che con il colleghi del Cdr ha svolto una lunga indagine di ricostruzione dei fatti societari – hanno cominciato a prendere una piega poco chiara. Nel senso che subito si comincia a parlare dei nostri stipendi, con la proposta di una decurtazione del 50%”. 

Siamo alla fine del 2018 e tra redazione e amministratori inviati dal tribunale di Catania si innesca un violento braccio di ferro. La cosa curiosa è che gli stessi non sostituiscono i manager nominati da Ciancio, come avrebbero dovuto fare per essere più liberi di agire. Devono trascorrere ben 7 mesi prima che Franco Capparelli venga estromesso dalla Edisud Spa di cui è stato consigliere di amministrazione e anche direttore generale, plenipotenziario degli affari di Ciancio. Ma Capparelli cade in piedi, perché uscito dalla Edisud resta comunque presidente di Mediterranea Spa, partecipata al 100% di Edisud e cassaforte per conto della famiglia catanese. Mediterranea è proprietaria della testata “La Gazzetta” e anche titolare della raccolta pubblicitaria: “Lì c’è il succo”.

Quello di Capparelli è di fatto un semplice trasferimento di competenze? “Parrebbe di sì”, è l’opinione prevalente dei giornalisti, anche se formalmente “Ciancio in quei giorni è fuori da tutto”. In quei giorni la redazione presenta un esposto alla Procura della Repubblica per esporre tutte le perplessità dei giornalisti in merito alla gestione del giornale, anche per il periodo precedente il sequestro. “Non ci tornavano i conti”, raccontano. Al momento del sequestro dei beni dell’editore, Ciancio è proprietario del 69% delle azioni della Edisud Spa, l’editrice, “e poi c’è un 31% che è frutto di un valzer di azioni che dura da anni”, dice il Cdr. Ciancio in pochi anni supera il 50% delle azioni rilevando le quote del distributore dei giornali, Lobuono, mentre il pacchetto dell’editore Morgante passa all’editore Angelucci, quello delle case di cura e di “Libero Quotidiano”, il quale a propria volta lo cede perché in verità non ha alcuna voce in capitolo, non siede nemmeno in Cda: si limita a partecipare alle assemblee dei soci, integrare i bilanci, se necessario, per poi tornarsene a casa. Così Angelucci cede il 31% al gruppo barese guidato da Vito Fusillo, interessi nell’edilizia. 

Il pacchetto di minoranza vale 30 milioni di euro “e a finanziarlo – assicura Summo – è proprio la Banca Popolare di Bari, che di fatto offre a Fusillo il credito e la liquidità necessaria all’operazione”. Ma non è tutto, perché ad un certo punto anche Fusillo getta la spugna e si libera del pacchetto, cedendolo a Valter Mainetti, azionista di riferimento del gruppo Sorgente, al cui gruppo fa capo la “Foglio Edizioni srl”, acquisita nel 2016 e che ha firmato un contratto d’affitto con la cooperativa di giornalisti del quotidiano fondato da Giuliano Ferrara e diretto da Claudio Cerasa. “Fusillo deve uscire perché si è molto indebitato con la Banca Popolare di Bari – racconta il componente del Cdr – come poi la stessa vicenda giudiziaria della stessa banca rivelerà”. E in effetti di lì a poco la Popolare di Bari viene commissariata. Siamo arrivati a dicembre 2019.  

45 milioni di debiti

Da un’analisi finanziaria di quello stesso periodo risulta che la Edisud Spa si porta appresso un fardello pari a 45 milioni di euro di debiti, ma tra i creditori figura la stessa Popolare di Bari, a sua volta creditrice anche della stessa Denver, la società-veicolo con la quale Mainetti ha comprato le azioni della Edisud, poi date in pegno proprio alla PopBari. E la Denver, nel frattempo, si è proposta come soggetto assuntore di un concordato in bianco, per provare a salvare la Edisud dal fallimento. Un’architettura economico-finanziaria approntata proprio con la stessa Popolare”. “Un intreccio meraviglioso”, chiosa il Cdr della “Gazzetta”. Tanto più che il concordato proposto da Mainetti alla banca “è di fatto costruito per permettere alla Edisud di svincolarsi dalla situazione debitoria e salvare così la Denver stessa”, puntualizza Summo. Ma a dicembre salta anche il tappo sulla situazione della banca guidata da Marco Jacobini e così crolla anche tutto il castello finanziario messo in piedi intorno alla Edisud. La Popolare viene commissariata e su di essa tutt’ora indaga la Procura di Bari.  

Un groviglio che i giornalisti della “Gazzetta” raccontano sulle colonne del giornale. Con un pacchetto di minoranza che passa di mano in mano e con la Popolare di Bari che fa da garante e finanzia di volta in volta ogni trasferimento.

Come finirà?

Il 29 aprile Ciancio si è rifiutato di nominare il nuovo Cda, “sollevando un cavillo tecnico”, raccontano alla “Gazzetta”, ritenendo che l’assemblea dei soci fosse stata convocata in maniera irrituale. Prossima convocazione il 14 maggio, per la nomina di un nuovo Cda al posto di quello scelto dal Tribunale di Catania, ormai uscito di scena. Ma la famiglia Ciancio sembra voglia, invece, nominare un liquidatore. E alla decisione sono appese le sorti di cinquantatré articoli 1, venticinque articoli 36, una dozzina di articoli 2 e 12, ovvero i giornalisti contrattualizzati, ai quali sono da aggiungere 65 poligrafici e amministrativi (165 in tutto), oltre ad uno stuolo di collaboratori e corrispondenti dai più piccoli e sperduti centri della regione pugliese. 

La Gazzetta del Mezzogiorno ha 135 anni di storia.

(nella foto, Mario Ciancio Sanfilippo)

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