• di VITTORIO ROIDI

Parecchie centinaia di giornalisti italiani sono in attesa di avere risposte a due domande: perché John Elkann ha deciso di comprare i giornali del gruppo Gedi? Cosa cambierà ora per le loro testate (Repubblica, la Stampa, L’Espresso, Il Secolo XIX, i tredici giornali ex Finegil, i tre canali radio) coinvolte nell’affare? I Comitati di redazione sono in allarme, la Federazione della Stampa ha attivato le prime difese sindacali.

Non è passato molto tempo da quando il giovane capo della holding decise di cedere le quote della Stampa, alla quale  sempre la famiglia Agnelli aveva dedicato grande attenzione, per dedicarsi esclusivamente al cosiddetto core business, la produzione di automobili. La crisi si era abbattuta sui giornali, che ormai davano solo pensieri, Dunque, era preferibile che anche il quotidiano della Fiat  traghettasse altrove. Così lo avevano incorporato nella Gedi, la casa dei giornali di De Benedetti, un matrimonio con La Repubblica di Eugenio Scalfari, di Ezio Mauro e ora di Carlo Verdelli, che era sembrato a molti un po’ azzardato.

Qualche giorno fa all’improvviso le cose sono cambiate. L’ingegner Carlo De Benedetti, che dopo una lunga storia come editore aveva ceduto le proprie azioni ai tre figli, si è detto insoddisfatto del loro lavoro. “Non hanno la competenza, né la passione per guidare i giornali!”, ha detto pubblicamente l’ingegnere. Dopo pochi giorni, saputo che i figli stavano cercando di vendere Repubblica e l’Espresso, ha cercato invano di riacquistarli lui. Prezzo basso e i famigliari gli hanno risposto picche.

E’ allora che è spuntato Elkann, che in un batter d’occhio ha fatto un’offerta più alta, raccolta subito dai tre De Benedetti eredi, mentre in Borsa il titolo spiccava il volo.

E adesso? Come si spiega tutto ciò? I più rifiutano la tesi di un nuovo amore per la carta stampata e qualcuno pensa che in tutta l’operazione ci sia lo zampino di Carlo De Benedetti. Altri credono di intravedere dietro l’operazione voluta da Elkann una diversa strategia industriale, basata su una rete di giornali locali, che potrebbero essere redditizi (se ne stanno convincendo anche i grandi giornali americani). Del resto alla Stampa erano già stati addossati i 13 giornali della ex Finegil, robuste realtà (pensiamo solo al Tirreno) con forti radicamenti sul territorio. La stessa Stampa ha accentuato il suo colore piemontese.

La Exor, la holding guidata da Elkann, ha acquistato il 43,78 per cento di Gedi, al prezzo di 0,46 euro per azione. D’accordo con la Cir dei De Benedetti, costituirà una società nuova, lanciando un’Offerta (obbligatoria) di Pubblico Acquisto per le rimanenti azioni, sempre al prezzo con cui le ha comprate. Ha scritto la Exor: “Ci impegniamo in un progetto rigoroso per accompagnare Gedi ad affrontare le sfide del futuro… le trasformazioni sul piano tecnologico e organizzativo”. Frase che ha destato parecchie preoccupazioni nel sindacato e nei giornalisti, soprattutto all’interno di Repubblica, protagonista dell’informazione politica. Il Comitato di redazione ha emesso questo comunicato: “I giornalisti di Repubblica si impegnano a difendere i valori, la storia e l’identità del giornale, sia durante sia dopo il perfezionamento del nuovo assetto proprietario. Accolgono e sostengono la volontà espressa dal direttore, Carlo Verdelli, di farsi garante di questi valori insieme alla redazione. Inoltre ribadiscono, sin da ora, che riterranno irricevibile qualsiasi ulteriore intervento sul costo del lavoro e sui livelli occupazionali, così come eventuali modifiche al perimetro di Repubblica”.

Le fusioni e le strategie internazionali possono dare forza economica alle industrie. Sergio Marchionne non c’è più ma è evidente che John Elkann ha appreso i suoi insegnamenti. Però si rischia di pagare un prezzo sul piano dell’indipendenza e dell’autonomia. Cosa che può distruggere aziende che non fabbricano automobili, ma notizie e giornali. L’opinione di Carlo De Benedetti sembra ormai contare poco, ma quella di Scalfari, di Verdelli e dei redattori di quello che finora abbiamo chiamato Gruppo Espresso sarà invece rilevante, come quella dei cittadini. Anche i lettori sanno che gli editori non sono tutti uguali.

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