di VITTORIO ROIDI
Il Parlamento ha cominciato a lavorare per modificare la legge che nel 1963 istituì l’Ordine dei giornalisti. Fatto curioso, quasi incomprensibile. Si pensa di ripitturare le stanze del Castello senza accorgersi che sta per crollare. L’informazione italiana è in una crisi gravissima, ma deputati e senatori sembrano non accorgersene. Vero che ci sono tanti colleghi indipendenti e coraggiosi, ma le aziende editoriali hanno tutte i bilanci in rosso; rispetto a 15 anni fa oggi si vende un terzo delle copie dei quotidiani; la credibilità della categoria sta precipitando. Qualcuno se ne preoccupa?
La proposta di Fratelli d’Italia, firmata dal pubblicista Andrea Mascaretti e da 50 deputati, è formata da quattro 4 articoli volti a disciplinare l’elezione e la durata in carica dei consigli territoriali e nazionale dell’Odg. Diversa composizione (2 in più per i professionisti e 2 per i pubblicisti); passaggio da tre a quattro anni della durata in carica per i consiglieri regionali; elezioni realizzabili anche in modalità telematica; ineleggibilità alla carica di revisore dei conti di chi è stato consigliere nell’ultima legislatura; clausola di invarianza finanziaria.
livello formativo
A questo testo si è affiancato il disegno di legge presentato dall’Ordine nazionale dei giornalisti: una serie di modifiche approvate nel giugno 2023 che ora dovrebbero diventare definitive. Il titolo del documento spiega tutto: proposta di riforma dell’accesso alla professione di giornalista, anche se all’inizio si spiega di avere come obbiettivo quello di “innalzare il livello formativo delle nuove generazioni di giornalisti”. Nel testo, approvato all’unanimità da una Commissione nazionale, si chiede di modificare gli anni dello studio, di istituire un tutor per ciascun praticante, di istituire una laurea triennale anche per i pubblicisti.
Si ragiona insomma solo su come si diventa giornalisti anche se, rispetto al documento di Fratelli d’Italia, si entra di più nel giudizio sui meccanismi dell’organizzazione, ma sono solo proposte sulle modifiche all’accesso, al praticantato eccetera. Ci sono anche modifiche che aggraverebbero alcuni problemi: limitare anziché accentuare l’esclusività dell’impegno dei professionisti; mischiare ancora di più fra loro i gruppi dei professionisti e dei pubblicisti. In questo quadro appare ben poco condivisibile una frase come questa: “La professione giornalistica non si esercita più soltanto nei media tradizionali ma pure su nuove piattaforme digitali… attraverso un organo di informazione strutturato con prodotti collettivi e individuali, comunque destinato… promuovendo nuove figure di lavoratori dell’informazione e della comunicazione”. La prospettiva di una confusione e di una mescolanza che non appare favorire un’alta qualità professionale. Affermazioni e ipotesi impensabili nei dirigenti del nostro Ordine.
gli effetti dell’AI
Sarà la Commissione Cultura della Camera a valutare. Tuttavia Professione Reporter pone alcune domande: serviranno a qualcosa simili (eventuali) cambiamenti? In un paese in cui l’informazione è decisamente inguaiata, il Parlamento si occupa di simili dettagli? Quelle modifiche migliorerebbero il quadro? Come lo si può pensare? E come mai alla Camera e al Senato nessuno fa proposte affinché si riesca invece ad uscire dalla crisi in cui ci troviamo? Infine: esiste un ramo e una stanza del Parlamento in cui si stanno esaminando gli effetti che l’Intelligenza Artificiale potrà avere nelle redazioni; c’è il rischio che qualche editore ne approfitti per cancellare un po’ di posti di lavoro?
Lo sappiamo, in Italia i giornalisti non sono amati né dai partiti politici né dal Governo (anche se Giorgia Meloni ha in tasca la tessera di caporedattore!). Li si guarda sempre con sospetto, si teme che rivelino i segreti che fanno comodo al potere e magari qualche inchiesta giudiziaria. Però, almeno a Montecitorio e a palazzo Madama si dovrebbe ricordare che la democrazia è fondata sulla buona informazione, come dicono i manuali e come ripete di continuo il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Speriamo che il castello resti in piedi.