(A.F.) “Scemo chi legge”, dice l’inserzione pubblicitaria di Greenpeace sull’ultima pagina di Domani. C’è un giovane un uomo che legge il giornale su una panchina semi-immersa nell’acqua. 

Il testo prosegue così: “Avremmo voluto pubblicare questa inserzione pubblicitaria su uno dei maggiori giornali italiani per denunciare il greenwashing delle aziende inquinanti come ENI, tra i maggiori responsabili del riscaldamento globale, ma la redazione del giornale si è rifiutata”. 

gas e petrolio

“Eppure -prosegue il messaggio- sui principali quotidiani italiani ci sono più pubblicità di aziende inquinanti che articoli dedicati alla crisi climatica. E questo spiega perché nelle pagine dei giornali non si parla quasi mai di cause (combustibili fossili) e responsabili (aziende del gas e del petrolio)”. 

Infine: “Noi amiamo i giornali e crediamo che il buon giornalismo possa avere un ruolo centrale nella difesa del pianeta, ma di fronte allo strapotere che le compagnie dei combustibili fossili possono esercitare sui media ci sentiamo ingannati. Per salvarci da alluvioni e siccità abbiamo bisogno di un’informazione completa, trasparente e senza censure. Unisciti a noi per chiedere libertà di stampa per il clima”.

immagine positiva

Il greenwashing, in italiano “ecologismo di facciata”, indica la strategia di comunicazione di imprese e organizzazioni politiche per costruire un’immagine positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale e coprire gli effetti negativi per l’ambiente delle loro attività . 

Il giornale che ha rifiutato la pubblicità è Il Corriere della Sera. “Solo pochi giorni fa -si legge sul sito di Greenpeace- l’ultimo rapporto annuale su media e clima realizzato dall’Osservatorio di Pavia per Greenpeace ha mostrato che nel 2024 il Corriere della Sera ha pubblicato sulle sue pagine più pubblicità di aziende inquinanti che articoli dedicati alla crisi climatica (in media 5,2 pubblicità contro 3,9 articoli a settimana). Inoltre, fra i principali quotidiani italiani, il Corriere è quello che ha ospitato il maggior numero di pubblicità di ENI: ben 64”.

Il Corriere ha ritenuto la pubblicità un attacco diretto e ha ritenuto non opportuno accettarla. 

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