Solo il 12 per cento degli “esperti” ascoltati sui media italiani è donna. E’ un dato del Global Media Monitoring Project del 2020, dal quale risulta che nei 114 Paesi presi in esame le esperte donne sono il 26 per cento, numero doppio, ma sempre insufficiente. Il Report 2022 sulla programmazione Rai testimonia che nei generi di informazione e “factual” -dai talk show all’infotainment- le opinioniste sono solo il 30% e le esperte solo il 23%. 

Nei generi fiction la presenza femminile è maggioritaria nei ruoli di cura della casa e della persona (85% del totale di questa tipologia) e dei ruoli familiari (65%), mentre è molto più ridotta tra le figure istituzionali, politiche e della pubblica amministrazione (19%): lo afferma il “Monitoraggio sulla rappresentazione della figura femminile, sulla capacità di garantire il pluralismo di temi, soggetti e linguaggi e contribuire alla creazione di coesione sociale nella programmazione Rai”, condotto da Isimm. 

esame del decreto

Sono alcune delle informazioni fornite dall’ex presidente di GiULiA giornaliste Silvia Garambois, alle commissioni Cultura e Trasporti della Camera dei deputati, nell’esame del decreto legislativo del Testo unico dei servizi di media. 

Garambois ha spiegato che GiULiA è un’Associazione di circa 300 giornaliste professioniste e pubbliciste in tutta Italia impegnate nell’analisi sul rapporto donne e media: “Due sono gli aspetti su cui vorremmo principalmente fissare l’attenzione: la presenza femminile e delle sue eccellenze nei media radio e tv, nel rispetto del pluralismo più volte richiamato nel Testo, e l’attenzione nei confronti della violenza sulle donne, sui quali radio e tv possono contribuire a creare una cultura del rispetto”. 

fascia serale

Ha poi illustrato i dati sulla rappresentazione dell’eccellenza femminile del Global Media Monitoring Project (2020) e del Report 2022 sulla programmazione Rai. Ha detto che il “Monitoraggio sulla rappresentazione della figura femminile nella programmazione Rai”, condotto da Isimm, testimonia come la presenza femminile sia più numerosa nella fascia del day time (con il 45,3% di presenze) per precipitare al 34,5% (vs 64,4% di uomini) nella più ambita fascia serale. 

Per quel che riguarda l’attenzione alla violenza contro le donne, la stessa AgCom nel suo regolamento richiama quanto scritto dal Parlamento europeo nel 2018 nella “Risoluzione sulla parità di genere nel settore dei media nell’Unione Europea”, ovvero che “l’erotizzazione della violenza e l’oggettualizzazione delle donne nei media si ripercuotono negativamente sulla lotta per l’eliminazione della violenza” nei loro confronti. 

carta dei doveri

Giornaliste e giornalisti hanno inserito nella loro Carta dei Doveri, dal 1 gennaio 2021, l’art. 5 bis sul “Rispetto delle differenze di genere”: “Nei casi di femminicidio, violenza, molestie, discriminazioni e fatti di cronaca, che coinvolgono aspetti legati all’orientamento e all’identità sessuale, il giornalista:  a) presta attenzione a evitare stereotipi di genere, espressioni e immagini lesive della dignità della persona; b) si attiene a un linguaggio rispettoso, corretto e consapevole. Si attiene all’essenzialità della notizia e alla continenza. Presta attenzione a non alimentare la spettacolarizzazione della violenza. Non usa espressioni, termini e immagini che sminuiscano la gravità del fatto commesso; c) assicura, valutato l’interesse pubblico alla notizia, una narrazione rispettosa anche dei familiari delle persone coinvolte”.

“Ci si chiede, dunque -ha detto Garambois- se il Testo unico dei servizi di media audiovisivi, oltre al richiamo all’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea contro l’istigazione alla violenza o all’odio, così come ha aumentato le tutele per i minori, non debba parimenti intervenire direttamente con un articolo che delinei il corretto approccio nel racconto e nel linguaggio della violenza contro le donne”.

QUI IL VIDEO DELL’AUDIZIONE

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