di MICHELE MEZZA

L’incredulo dolore per la scomparsa di Andrea Purgatori da parte di colleghi e una vastissima platea di utenti dei suoi programmi ci dice come ancora oggi un giornalista possa essere un icona di quella domanda di giustizia e libertà e non solo un bersaglio di  rituali critiche e frustrazioni.

Lo stupore per la sua morte improvvisa è proprio il segno della necessità che avevamo di uno come lui, della presenza e dell’attività di un testimone che ci serviva, che ci era istintivamente vicino.

In questo groviglio di sentimenti dovremmo cercare di comprendere la lezione che Andrea ci ha trasmesso con la sua opera. 

posizione gratificante

A partire proprio dalla sua intuizione, molti anni fa, di lasciare una posizione assolutamente gratificante e professionalmente impegnata nella redazione del Corriere della Sera, dove aveva combattuto, fra le altre, le battaglie per la verità su Ustica, per sperimentare altri linguaggi, come quelli della fiction e del documentario televisivo.

Infatti Purgatori era diventato anche un grande sceneggiatore. Lo dobbiamo ricordare soprattutto in questi giorni, in cui giunge al culmine la furiosa vertenza degli sceneggiatori, e ora anche degli attori, di Hollywood contro le piattaforme streaming.

Il cambio di passo di Purgatori ci deve insegnare che i confini del nostro mestiere sono quanto mai labili ormai, e dobbiamo considerare questa cosa un elemento di forza, e non di debolezza, per rilanciare il nostro ruolo professionale.

passaggi sensibili

Sarebbe forse un bel modo per usare la sua testimonianza se sfruttassimo questa tragica coincidenza fra la sua scomparsa repentina e la vertenza audiovisiva, per aprire uno spazio a lui intitolato di confronto e ragionamento con le altre figure della comunicazione- dall’audiovisivo alle relazioni istituzionali, ai nuovi tecnici dell’intelligenza artificiale video- incentrato proprio sulle nuove forme che l’irruzione degli agenti intelligenti stanno imponendo.

Un forum che affronti, con una logica interdisciplinare, proprio le nuove architetture professionali e tecnologiche delle produzioni digitali alla luce di un dominio, come quello esercitato dai proprietari delle piattaforme, da Google a Amazon ad Apple a Micrsoft, che tende ad automatizzare passaggi discrezionali sensibili della narrazione e della documentazione.

potere dell’algoritmo

La vertenza di Hollywood, da questo punto di vista, ci offre spunti fondamentali. Al centro della contesa c’è proprio il potere esclusivo dell’algoritmo che scavalca gli autori prendendo in ostaggio la domanda di individualità di ogni singolo utente. Il terreno di scontro non sono tanto i diritti di autore, da adeguare alle nuove modalità di trasmissione dei programmi che rimanendo in rete permanentemente non possono più essere misurati con il metro delle repliche, quanto l’accesso e la condivisione dei dati.

Su questo punto la contrapposizione diventa inconciliabile. Le piattaforme non vogliono assolutamente aprire spazi di condizionamento proprio alla fonte del loro potere, che è appunto il dominio assoluto ed esclusivo sui dati degli utenti.

interferenze e manipolazioni

Il sindacato degli attori Sag-Aftra, guidato da Fran Drescher, l’attrice che interpretava il ruolo della popolarissima tata nell’omonima serie degli anni ’90, rivendica invece la rottura di questo monopolio proprietario sui dati per aprire lo scrigno su cui si basa la dittatura delle piattaforme. Infatti, in base a quelle informazioni si misura non solo il livello molecolare del gradimento, programma per programma, scena per scena, attore per attore, battuta per battuta, ma si prevedono le evoluzioni del gusto e dei comportamenti di decine di milioni di utenti in tutto il mondo.

iUna materia strategica non solo per il mondo dello spettacolo, ma per l’intero sistema democratico che si trova esposto a interferenze e manipolazioni sulla base di queste informazioni, come il caso di Cambridge Analytica ha dimostrato.

ruolo da protagonista

Dunque la rivendicazione di Hollywood non ha solo un carattere specifico per il mondo dello show biz, ma investe l’intero sistema di relazione civile. I giornalisti sono una parte sostanziale di questa partita. Sia perché, lo ha dimostrato Purgatori, il loro lavoro è strettamente connesso con generi quali la docu-fiction o gli approfondimenti o i film verità, le cui sceneggiature sono vere e proprie inchieste, sia perché nel processo di digitalizzazione delle redazioni, che sempre più vengono automatizzate proprio grazie ai dati degli utenti letti e rielaborati dall’intelligenza artificiale, controllare, o almeno condividere questa risorsa aprirebbe nuovi spazi per un ruolo protagonista del giornalista nella riorganizzazione della macchina giornale e per una integrazione anche dei singoli percorsi professionali dei redattori.

trasparenza e verità

Per questo la rivolta di Hollywood parla anche a noi, e per questo l’esempio di Purgatori va interpretato e rilanciato come un modo per rendere quella vertenza una battaglia di trasparenza e verità, esattamente come fu Ustica tanto tempo fa.

La Fnsi dovrebbe promuovere un “Forum Andrea Purgatori” con il mondo audiovisivo e dell’informatica per monitorare la vertenza degli sceneggiatori ed attori e per rintracciare forme di rivendicazione anche nella realtà nazionale, spingendo Agcom a una vera indagine conoscitiva sull’uso dei dati nella filiera produttiva delle tv streaming, come per altro ha sollecitato il garante della privacy con la sua iniziativa su ChatGPT.

Avremmo così un altro motivo per dire grazie ad Andrea.

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