Il Tribunale di Firenze ha respinto la richiesta di risarcimento danni del senatore Matteo Renzi nei riguardi del Corriere della Sera. Nella sentenza, viene deplorato l’uso del tribunale “come se fosse un bancomat”. L’uso cioè delle querele come minacce verso i giornalisti, come “deterrente”. 

Il leader di Italia Viva chiedeva 200mila euro per diffamazione e danni non patrimoniali dopo la pubblicazione di un articolo sull’inchiesta Open. Un danno provocato da notizie false, secondo la tesi del senatore fiorentino. Dopo la causa persa con Marco Travaglio (il volto di Renzi stampato su un rotolo di carta igienica apparso in video) al quale dovrà pagare 42mila euro di spese legali, per Renzi arriva un secondo stop. Sulle sconfitte delle “querele temerarie”, va ricordato il caso in Umbria fra il quotidiano online Tuttoggi e il banchiere Leodino Galli.

sedicimila euro

Il Tribunale di Firenze ha respinto la richiesta presentata dall’ex premier con due sottolineature scritte dal giudice Susanna Zanda, la stessa del procedimento contro Travaglio. La prima è la condanna di Renzi a pagare 16mila euro di spese di lite a favore di chi aveva portato in giudizio: l’editore Rcs, il direttore del Corsera, Luciano Fontana, e l’autrice dell’articolo, la vicedirettrice Fiorenza Sarzanini.
La seconda è un richiamo: “La richiesta di ben 200mila euro, oltre alla plurima pubblicazione del dispositivo, che costerebbe circa la metà di tale importo, al di là della infondatezza della domanda, ha una palese ed ingiustificata carica deterrente, specie ove collocata nell’alveo delle iniziative, volte ad usare il Tribunale civile come una sorta di bancomat dal quale attingere somme per il proprio sostentamento, anche quando lo si coinvolge senza alcun fondamento”.

caso open

L’articolo accusato da Renzi uscì il 4 dicembre 2019 sul Corriere della Sera, a firma Sarzanini. Il titolo era “Caso Open, nuove indagini sui soldi dati da Carrai a Renzi”, con occhiello “L’accusa a Bianchi su carte prepagate e bonifici: usati a fini personali”. Ecco le frasi contestate da Renzi: “Il versamento degli incassi della Fondazione Open a Matteo Renzi”; “Bianchi e Carrai sarebbero indagati per finanziamento illecito per il fatto di aver versato dei denari della Fondazione Open a Matteo Renzi”; “Matteo Renzi avrebbe ricevuto un regalo per un ammontare di 20mila euro da parte di Marco Carrai”.
Il giudice riconosce la correttezza del lavoro della giornalista le cui fonti, documentali, rappresentano un dato storico che dà conto dell’indagine condotta dalla Guardia di finanza sulla segnalazione dell’Uif (Unità di Informazione Finanziaria), organismo della Banca d’Italia dedicato al contrasto del riciclaggio: “L’articolo rispetta il canone della verità in quanto esprime esattamente il contenuto della nota informativa dell’ufficio di intelligence finanziario – scrive il giudice –  La dicitura finale ‘regalo fatto a Renzi’ non è diffamatoria perché nel titolo del paragrafo è chiaramente scritto ‘prestiti’ e in ogni caso un prestito infruttifero potrebbe essere ritenuto una forma di donazione per gli interessi mancati, interessi che normalmente si collegano ai prestiti, anche tra privati, per cui si ritiene che non risultino integrati gli elementi oggettivo e soggettivo della diffamazione aggravata”.

campagna politica

Anche sul fronte penale non vengono evidenziate sostanze diffamatorie “in quanto dagli atti è emerso che la Procura stava svolgendo all’epoca indagini sulla Fondazione Open, per l’ipotesi delittuosa di finanziamento illecito ai partiti; in particolare risultavano già emessi vari decreti di perquisizione sugli immobili dell’indagato – il rappresentante legale della Fondazione Open avvocato Alberto Bianchi di Pistoia – sulla base della ipotesi investigativa che la Fondazione Open fosse non già un organismo avente gli scopi dichiarati, ma fosse un’articolazione politica destinata a supportare la campagna politica di Renzi Matteo, sia per la sua attività di sindaco di Firenze che per quella successiva, compresa la campagna del SI referendario”.
Il Corsera ha riportato il contenuto di alcuni atti di indagine da cui sono state tratte le notizie che Renzi ha considerato false e diffamatorie. “Dunque, la giornalista ha fatto affidamento su una fonte particolarmente qualificata e non aveva alcun ulteriore onere di controllo”, ribadisce il Tribunale. Sarzanini aveva “giustificatamente ravvisato anche un interesse pubblico alla diffusione, perché il finanziamento di un partito, di una corrente partitica, o di un uomo politico, sono fatti di interesse pubblico, e ciò proprio per il controllo sociale e la trasparenza del funzionamento delle attività istituzionali democratiche”. 

(nella foto, Fiorenza Sarzanini)

1 commento

  1. È strano che lo stesso giudice, Susanna Zanda, sia la stessa che ha emesso la sentenza a favore di Travaglio. Altra ipotesi di risarcimento a Renzi per diffamazione. Poi penso che poteva anche astenersi dal proferire che il Tribunale non è un bancomat. Mi sembra un’affermazione un pochino faziosa.

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