“Sbrigatevi!”.

“Spero che questo test non serva solo a compilare una statistica: sarebbe utile solo agli studiosi”.

“L’Fnsi è inesistente con noi collaboratori. Inesistente. Pago la quota ogni anno e continuerò a pagarla solo per poter aver la forza di ricordare, in ogni circostanza, che ci siamo anche noi”.

“Conto di rivolgermi al sindacato Associazione Stampa della mia regione, anche se come freelance a partita Iva so di non avere alcuna tutela”.

“Ho segnalato la situazione dei corrispondenti più volte a Fnsi, ma non serve a niente”.

impossibile iscriversi

“Non mi risulta che i sindacati si occupino dei precari. In passato mi è stato impossibile iscrivermi a un qualsiasi sindacato, in quanto precaria (CoCoCo o in ritenuta)”.

“Sono iscritta al sindacato da 12 anni e non ha mai fatto niente per i precari”.

“Invece di pretendere solamente pensate a fare qualcosa! Visto che chi sta ai vertici di noi se ne frega”. 

Sono risposte alla domanda finale del questionario: “Hai qualche altra cosa che ritieni utile segnalarci o suggerirci?”.

Il questionario è quello lanciato dalla Fnsi per fotografare il fenomeno del precariato nel giornalismo. Un sondaggio per misurare il “precariometro”, la condizione di quelli che Mattia Motta, segretario generale aggiunto Fnsi e Presidente della Commissione Lavoro Autonomo Fnsi (Clan), chiama “braccianti dell’informazione” e “rider delle notizie”. Il lavoro è stato svolto assieme all’Osservatorio nazionale dei lavori nell’informazione digitale “Attraverso lo schermo”, coordinato da Paola Marras.

 adesione non rilevante

Due dati da segnalare. Il primo, l’adesione all’iniziativa non è stata rilevante: da aprile a novembre 2002, hanno risposto 266 precari, su una platea di migliaia. 

Il secondo, la Fnsi non ha avuto remore nel pubblicare risultati non elogiativi del lavoro del sindacato. Fra coloro che hanno risposto il 70 per cento non è iscritto al sindacato. Il 59,9 per cento afferma che i Comitati di redazione non si fanno carico dei problemi dei giornalisti non dipendenti. 

In base all’indagine, l’età media dei precari è di 44 anni, il più giovane ha 23 anni e il più anziano 74. Il 97 per cento sono iscritti all’Ordine, (il 58 per cento dei quali fra i pubblicisti). Il 53 per cento abita nel Centro Nord. Per il 56,9 per cento oltre l’80 per cento del reddito proviene dal giornalismo. La quota maggiore (18,4 per cento) guadagna fra i 5 e i 20mila euro l’anno. Il 6,9 per cento fra 0 e 1000 euro, il 4,5 per cento fra 1 e 2000 euro. Il 29,6 per cento è inquadrato come partita Iva, il 28,1 per cento come Co.co.co, il 18,6 per cento come collaboratore occasionale. Il 51,1 per cento ha diverse collaborazioni. Nel 56,6 per cento dei casi il pagamento è a cottimo, pezzo per pezzo. Il 46,3 per cento ha subito modifiche unilaterali significative del trattamento economico, il 54,5 per cento non ha potuto fare rivendicazioni o ricontrattazioni delle sue condizioni lavoro. Il 64,2 per cento non riceve alcun rimborso spese. Nel 66,7 per cento dei casi non esiste nelle aziende alcuna forma di coordinamento dei lavoratori non dipendenti.  

segnalare e suggerire

E torniamo all’elenco delle “altre cose da segnalare e suggerire”:

“Sarebbe bello iscriversi al sindacato, ma sarebbe bello vedere che il sindacato si impegna per portare avanti le istanze dei lavoratori sfruttati, non solo di quelli che scaldano le sedie in redazione e hanno diritto a ferie/mutua/tredicesima ecc.”.

“Controllate le firme sui giornali, controllate chi scrive, controllate se sono iscritti all’Odg e al sindacato e verificate il loro trattamento economico. Abbiamo un gran bisogno di unità e di compattezza. Regolarizzare i precari potrebbe essere anche la salvezza della previdenza dell’Inpgi. Siamo tantissimi e siamo affamati”.

“Cruciale è non lasciare soli i singoli nelle trattative in caso di compensi non equi, rinnovi di incarichi, revisioni di collaborazioni, richiesta di preventivi”.

religioso silenzio

“Né Ordine né qualsiasi associazione o sindacato tutelano o difendono il giornalista occasionale sottopagato, ma osservano un religioso silenzio”.

“Non si può continuare a lavorare senza un contratto degno e con un minimo di tutele. Basta”.

“Nel territorio nel quale ho fatto dal 2003 il giornalista esistono intere redazioni che funzionano con giornalisti totalmente in nero”.

“A ogni cambio di proprietà i compensi dei collaboratori che non sono cacciati vengono automaticamente decurtati… è legittimo? I pagamenti poi non avvengono mai puntualmente, come se i collaboratori esterni freelance non avessero mutuo, bollette, spese condominiali o scadenze da affrontare”.

libro bianco

“C’è la forte necessità di intervenire sull’Ordine dei Giornalisti, che non sanziona mai i nostri direttori di testata quando le condizioni del giornalista, che lavora tutti i giorni, sono da miserabile, con le scarpe bucate”.

“Che il lavoro giornalistico venga considerato lavoro a tutti gli effetti con retribuzioni dignitose e contratti stabili”.

“Ci sarebbe da scrivere un libro bianco vista la situazione disastrosa. Impossibile ormai lavorare in ambito editoriale, si è costantemente sotto la soglia di sopravvivenza malgrado si lavori 7 giorni su 7, senza tutela alcuna”.

“Dovrebbero essere tolte le distinzioni fra pubblicisti e professionisti, perché ad oggi nella maggior parte delle testate, la mole di lavoro più ampia, viene svolta dai primi, ma garanzie e salario sono tutte a vantaggio dei secondi”.

storia a lieto fine

“La mia esperienza descritta nel questionario è finita a marzo 2020 perché, priva di tutele, sono stata messa alla porta dal giornale ai primi morsi della crisi Covid. L’esperienza ha rivoluzionato la mia vita: ora mi occupo di ufficio stampa in un altro luogo, tuttavia mi manca il lavoro che facevo a condizioni penose, spesso incosciente dello sfruttamento, ma con molta sofferenza psicologica. Di storie così si parla poco: se vogliamo è una storia a lieto fine, oggi lavoro, guadagno bene e ho del tempo per me, per contro non faccio più il mestiere che amavo e per cui ero formata, ed è soprattutto a causa della condizione precaria e della mancanza di potere contrattuale nei confronti del mio editore, della solitudine della condizione che condividevo con tanti che ancora oggi vivono in quei panni. È decisivo che nascano iniziative come questo questionario e un impegno più strutturato da parte di Fnsi”.

“Obbligare gli editori in base al numero di articoli prodotti dalla testata ad avere un numero congruo di giornalisti assunti a tempo indeterminato. Istituire una graduatoria alla quale gli editori devono attingere per assumere i giornalisti”.

“Vi suggerisco di fare qualcosa perché la situazione è grave, ripeto sono le 03:54 e io sto compilando questo form perché sono molto preoccupato e invece dovrei dormire, visto che domani mattina alle 11 ho una conferenza stampa alla quale parteciperò senza che mi vengano pagate le spese”.

(foto di Carla Mondino)

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