Cinque giorni di sciopero affidati al Comitato di redazione. Stato di agitazione. Assemblea permanente. Al Corriere della Sera è finita la pace sociale fra i giornalisti e il direttore Luciano Fontana. E anche con l’Azienda guidata da Urbano Cairo.

Due temi di fondo. Il primo è lo smart working, che il direttore (e l’Azienda) vorrebbero abbandonare e buona parte dei redattori (redattrici in particolare) vorrebbe mantenere. Il secondo è l’assorbimento in Rcs dei quotidiani locali del gruppo e quindi dell’aumento dell’organico del Corriere di 100 giornalisti. In entrambi i casi il Cdr ha chiesto incontri e chiarimenti e non li ha ottenuti.

chiusura del tavolo

Il 29 settembre è stata convocata un’assemblea straordinaria e il risultato finale è un duro comunicato. Il Cdr invita il direttore a un incontro con tutti i colleghi “per un confronto sui temi emersi nel corso delle ultime riunioni con l’azienda su fusione e lavoro agile. La redazione, già preoccupata per l’andamento delle relazioni sindacali, non ha compreso le motivazioni che hanno portato all’improvvisa chiusura del tavolo di confronto su un’organizzazione del lavoro più flessibile, dopo oltre due anni di eccellenti risultati per il Corriere”. Per questi motivi si proclama lo stato di agitazione, si costituisce l’assemblea permanente, si rinuncia all’utilizzo della rete interna Vpn (che permette lo smart working) e si affida al Comitato di redazione un pacchetto di 5 giorni di sciopero.

Il Cdr ha chiesto ai colleghi di attenersi strettamente agli orari previsti dal Contratto nazionale di lavoro, a compiti e mansioni attinenti alla loro qualifica. Di non partecipare o limitare la partecipazione agli eventi, ai viaggi e alle lezioni di Rcs Academy. Ai colleghi richiamati al lavoro in presenza ha chiesto di lasciare il pc portatile in redazione per rispettare l’orario previsto dal contratto.

Smart working. L’ultimo accordo scade a settembre, ma Fontana non ha dato seguito alle richieste del Cdr di incontrarsi per stabilire come andare avanti. L’ultimo accordo prevedeva, a settembre, lavoro in presenza per il 70 per cento della redazione a rotazione, lavoro in smart working per il 30 per cento. Era stabilito che ci sarebbero stati nuovi incontri per analizzare la situazione e decidere eventuali cambiamenti, per i mesi successivi. L’accordo prolungava la situazione decisa dal 1° luglio. Il direttore avrebbe voluto da quella data il rientro in sede dell’intera redazione, ma aveva accettato la proroga.

referendum a febbraio

A metà febbraio un referendum promosso dal Comitato di redazione aveva rivelato che quasi il 90 per cento dei redattori voleva continuare con il lavoro da casa.

Il 25 marzo si era dimesso il precedente Cdr per contrasti interni proprio sul tema smart working: due membri su cinque erano più vicini all’idea del direttore, gli altri tre erano più favorevoli a prolungare l’opzione del lavoro da casa.

Sulla fusione con le edizioni locali, Il Cdr in un comunicato pubblicato sul giornale, ha chiesto “che l’ingresso annunciato di 100 giornalisti delle Edizioni locali diventi lo strumento per un rilancio e consolidamento sul mercato italiano e straniero, e non solo un artificio di bilancio aziendale”. I rappresentanti sindacali avevano promesso “che vigileranno attentamente sui conti della fusione fra Rcs e Rcs quotidiani locali”. E avevano chiesto “un incontro urgente al Direttore per conoscere il nuovo piano editoriale della testata e per avere conferme che non sarà stravolta l’organizzazione del lavoro e all’azienda per conoscere il piano industriale”. Conclusione: “Senza questi passaggi, e senza una chiara e trasparente esposizione dei motivi e dei traguardi di questa operazione, i giornalisti del Corriere della Sera sono pronti a intraprendere ogni azione per la tutela dei posti di lavoro e della qualità del giornale nel rispetto dei nostri lettori”.

mobilità forzata

Nel comunicato post assemblea del 29 settembre, pubblicato sul giornale, si legge: “L’azienda qualche giorno fa ha annunciato una fusione tra Rcs Mediagroup spa e Rcs Edizioni locali (che edita i dorsi di Veneto, Trentino-Alto Adige, Mezzogiorno, Bologna e Firenze) senza fornirne i dettagli, nonostante il Comitato di redazione abbia chiesto un chiaro e trasparente confronto. L’unica spiegazione è stata quella di un ‘semplice’ efficientamento economico. Il dubbio è che si tratti soltanto di una leva utile per chiedere nuovi esuberi alla prima occasione o, in prospettiva, per un blocco del turnover e una mobilità forzata tra le sedi periferiche e quella centrale”.
Quindi, lo smart working: “L’Editore Urbano Cairo ha chiuso all’improvviso e unilateralmente il tavolo di confronto su un’organizzazione del lavoro più flessibile, anche in questo caso senza alcuna spiegazione se non lo sterile richiamo a un modello organizzativo pre-pandemico. In questi oltre due anni di emergenza proprio questa organizzazione del lavoro ha permesso al Corriere di continuare a essere il primo quotidiano italiano, superando uno stato di crisi con prepensionamenti e uscite a vario titolo e permettendo alla proprietà di abbassare l’esposizione finanziaria con le banche e distribuire dividendi.

Al 30 giugno 2022 il Corriere è il primo quotidiano italiano in edicola con una customer base digitale totale attiva di 436 mila abbonamenti. Aumentano i ricavi consolidati (+5,7%) e cala l’indebitamento finanziario netto. Tanto che il nostro editore Urbano Cairo parla di ‘eccellenti risultati economici a conferma della solidità del Gruppo’. A dispetto dei fattori positivi che ogni giorno raccontiamo sul giornale (secondo gli ultimi studi nel 66% dei casi il lavoro agile fa crescere la produttività), si vorrebbe tornare a un modello meno funzionale che avrebbe pesanti ripercussioni sui contenuti. La redazione ritiene anche che, secondo il contratto, l’organizzazione del lavoro non spetti all’Editore e ha deciso che i giornalisti si atterranno all’applicazione letterale del contratto, sia in termini di orario sia in termini di compiti”.

brand da cannibalizzare

Alla fine, il Cdr apre un altro fronte: “Il Cdr vigilerà con sempre maggior attenzione anche sul rapporto con il marketing e la pubblicità, strumenti vitali per la crescita del giornale, purché non ci siano invasioni di campo che rischiano progressivamente di portare il Corriere a diventare un brand da cannibalizzare a scapito dei contenuti di qualità”.

Sotto, la risposta dell’Editore. Cairo conferma che la fusione per incorporazione di RCS Edizioni Locali in RCS MediaGroup “è finalizzata allo sviluppo dell’informazione locale con particolare attenzione ai contenuti digitali e alla semplificazione della struttura societaria e amministrativa del Gruppo. L’esposizione finanziaria è stata azzerata con una gestione aziendale attenta al contenimento dei costi, mantenendo i posti di lavoro, e allo sviluppo dei ricavi ben prima che arrivassero la pandemia e lo smart working. Il miglioramento della situazione patrimoniale ha anche consentito all’Azienda il riacquisto del palazzo storico di via Solferino. I contenuti indipendenti, autorevoli e di qualità del Corriere della Sera sono il risultato di una tradizione di lavoro in presenza che valorizza il confronto, il dibattito e lo scambio di opinioni tra giornalisti. In quest’ottica l’Azienda in tutte le sue componenti ritiene funzionale e utile la continuità di questo modello lavorativo”.

Professione Reporter

(nella foto, Luciano Fontana e Urbano Cairo)

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