di VITTORIO ROIDI

Un crimine, un errore grave, un infortunio? “Due anni e sei mesi di carcere”, hanno risposto i giudici, anche se lui ancora dice “sono innocente”. Direttore del Sole 24 Ore, maggiore quotidiano economico-finanziario, di proprietà della Confindustria, il giornalista Roberto Napoletano è stato condannato per false comunicazioni sociali e manipolazione del mercato. Avrà modo di difendersi nei successivi gradi del giudizio penale, ma anche se questa vicenda non finisce qui c’è una conclusione a cui già si può arrivare: tutto questo non sarebbe accaduto se il direttore fosse rimasto dentro i suoi limiti, quelli di responsabile del contenuto giornalistico della testata, se non avesse accettato di occupare lo spazio dei dirigenti. I quali si occupano dei bilanci, dei profitti o delle perdite, dei conti dell’azienda. Se avesse fatto il giornalista e basta.

algoritmi e appeal

Un muro che è crollato tempo fa. Ce n’è un altro di muro di cui negli ultimi mesi si è discusso – senza peraltro molta convinzione – quello descritto dalla ex direttrice del New York Times, Jill Abramson, che nei grandi quotidiani Usa separava l’advertising dal notiziario giornalistico, la pubblicità dalle notizie. Ormai, nelle redazioni sono arrivati i manager che hanno insegnato a valorizzare i fatti con l’aiuto degli algoritmi di Google, sulla base del grado di appeal scovato dai sondaggi e dalle rilevazioni del mercato. Il direttore-amministratore è un fatto scontato anche nelle nostre aziende. Caso più clamoroso fu l’incarico di direttore editoriale che il gruppo Gedi (Repubblica, la Stampa, ormai non più l’Espresso e i quotidiano locali) assegnò a Maurizio Molinari. Fenomeno nato parecchi anni addietro, caso recente quello di Maurizio Belpietro, direttore del quotidiano la Verità e del settimanale Panorama, essendo anche editore di un gruppo che sembra destinato ad espandersi. Direttori che sono anche ideatori, proprietari, manager, amministratori delegati e quant’altro.

autonomia delle testate

Un’inversione di tendenza che l’editoria ha voluto o subito, le cause sono tante, ma che rappresenta una strada opposta a quella indicata e conquistata dalla categoria, dopo grandi battaglie, una cinquantina di anni fa. Due nomi: Paolo Murialdi di cui si celebrano fra qualche giorno i cento anni dalla nascita, e Luciano Ceschia, scomparso solo qualche settimana fa. Due sindacalisti che hanno scritto norme importanti del contratto nazionale di lavoro durante quella che possiamo considerare la stagione delle lotte (!) e delle conquiste più rilevanti dei giornalisti italiani. Il direttore come capo del gruppo professionale, pilastro di una costruzione che mirava a rendere massima l’autonomia della redazione, rispetto ai rapporti sia esterni che interni all’azienda. Concetto forte, che piano piano si è sbiadito ed annullato. Il direttore è scelto dall’editore ed è suo uomo di fiducia. Eppure, afferma l’articolo 6 del contratto, deve garantire “l’autonomia della testata, nei contenuti del giornale e di quanto può essere diffuso con il medesimo”. Come può assicurarla se condivide le scelte dei dirigenti e dei manager?

berlino e pink floyd 

Nelle moderne democrazie i muri non sono di moda, perché intesi come divieti e oppressione dei diritti fondamentali, giusto abbatterli. Quello crollato a Berlino finalmente nel 1989 era l’obbrobrio dell’Europa. Quello dei Pink Floid (“The wall” del 1979) era il simbolo della eccessiva durezza con cui venivano trattati i bambini. Nulla a che fare con i muri per mezzo dei quali le redazioni, un po’ in tutto il mondo libero, hanno difeso l’indipendenza dei giornalisti. Una separatezza (che termine eh, Fiengo) oggi non più necessaria? Travolti dai click, dai link e dai like del circo digitale, abbiamo concesso al direttore il compito di occuparsi anche dei bilanci, delle copie vendute, del commercio dominato dalla dea pubblicità?

Una questione sulla quale è tempo che i giornalisti italiani siano più chiari. Magari potranno farlo al prossimo congresso della Fnsi, fra qualche mese. Le idee e le conquiste di Murialdi e di Ceschia le buttiamo a mare? Oppure è meglio tenere un muro, un fossato, una distanza fra le notizie e tutto il resto? Così certi direttori si occuperanno solo di ciò che interessa il lettore, la ricerca della verità. E non incapperanno nelle accuse dei Pm, non commetteranno errori, non si impicceranno del mercato e delle sue trappole. 

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