di MICHELE MEZZA

Sembra che sia iniziato il dopo guerra, almeno in quel metaverso sostanziale che è il cyber world, il mondo digitale dove piattaforme, social e potenze di calcolo stanno riclassificando la nostra vita, trascinandola in una dimensione di realtà aumentata.

Una realtà che, proprio con il conflitto ucraino, ha mostrato i propri muscoli, trasformando l’intero sistema dell’informazione in un apparato militare, sceso sul teatro di guerra spostando equilibri e neutralizzando arsenali e strategie militari.

Elon Musk, il più determinato e attrezzato comandante di questa potenza privata che è appunto la cosiddetta infosfera, dove il racconto prevale sul contenuto di ogni prodotto e di ogni comportamento, dopo aver affiancato la resistenza ucraina con la flotta Spacelink di decine e decine di satelliti che hanno esposto le colonne blindate russe ad un micidiale tiro incrociato di droni e lancia razzi, ha cominciato a pianificare la nuova realtà della rete, in vista dell’esaurirsi del conflitto.

a capo tavola

Con 3 miliardi di dollari, l’1% del suo patrimonio personale, il patron della Tesla ha acquisito il 10 per cento circa di Twitter, entrando nel suo consiglio di amministrazione e facendo subito intendere che vorrà sedersi a capo tavola in poco tempo.

Twitter, come sappiamo, è uno di quei social dove gli utenti si pesano e non si contano. Parliamo di circa 220 milioni di persone che operano nella piattaforma, con ricavi assolutamente marginali, rispetto ai giganti come Facebook e Google. Ma in questo salottino degli uccellini volano solitamente qualcosa come 200 mila giornalisti professionisti di tutto il mondo e le élites dei circuiti editoriali e finanziari.

Si tratta del più grande circolo della stampa, dove dilettanti, precari, redattori ordinari e opinionisti di vaglia si misurano tutti i giorni arrotando notizie e sondando umori.

agenzia globale

La guerra ha irrobustito la reputation di Twitter, rendendolo uno degli spazi dove è possibile un fact checking in diretta di eventi e posizioni, combinando i tweet dei protagonisti con i documenti che affiorano dalla rete.

Il mondo dell’informazione ha integrato il flusso dei tweet nelle intranet aziendali e ogni singolo redattore considera quella piattaforma una sorta di agenzia globale, dove sia possibile pescare e selezionare materiali di pregio in velocità.

Elon Musk entra nel salotto come un elefante in una cristalleria, e già mette mano alla vetrina.

Ancora non era stato cooptato nel vertice della società e già chiedeva ai suoi 80 milioni di followers, più di un terzo dell’intera platea di Twitter , ”Do you want an edit button?”.

gigantesco domino

Non è una frivolezza aggiungere il bottone che permette di correggere e integrare i propri messaggi, vuol dire spostare il fuso orario dal real time ad una fase più meditata delle pubblicazioni: il social da agenzia diventerebbe testata di commenti e documentazione, collocandosi in uno stadio intermedio fra Facebook e Telegram o, nella versione più giovanile, Tik Tok.

Si intravvede qui una ristrutturazione dell’intero mercato, con un gigantesco domino. Nel conflitto ucraino l’intero mondo digitale è stato profondamente trasformato. La rete non è già più una realtà universale, ma è ormai un ambiente balcanizzato, strettamente ancorato a sistemi geopolitici, basati prevalentemente sulla piattaforma atlantica, americo-europea. Dentro la rete si sta procedendo ad una integrazione verticale del sistema satellitare, che sempre di più sta diventando quello che Google maps era fino a qualche mese fa, nella mobilità terrestre: bussola e fonte di informazioni.

utenti separati

In questa trasformazione quello che i proprietari dei sistemi digitali perderanno in quantità di operazioni, visto che almeno un miliardo e mezzo di utenti saranno separati dal ciclo ordinario dei social (Russia, con la cerchia delle repubbliche asiatiche, più Cina e con India e Pakistan pendolari), tenderanno a riguadagnare con l’intensità delle profilazioni e, soprattutto, delle riproduzioni dei comportamenti vitali attraverso avatar e bot personali.

Stiamo andando verso una vera e propria riproduzione artificiale del sistema relazionale e soprattutto del mondo dell’informazione, che verrà sempre più alimentato da agenti intelligenti automatici.

In questo snodo il giornalismo non può ancora una volta non comprendere che si sta riprogrammando proprio l’identità e il futuro del mestiere dell’informazione. Non può certo essere Elon Musk a riorganizzare, in un Occidente militarizzato, le forme e i contenuti dello scambio di informazioni, così come fu Mark Zuckerberg a ottimizzare il sistema relazionale della nostra vita, ricavando il potere di poter profilare molecolarmente moltitudini infinite di utenti.

pulviscolo di testimoni

La guerra ha dimostrato che i giornalisti, nella versione di un professionista che sia in grado di governare processi tecnologici e soprattutto processare dati e documenti prodotti da un pulviscolo di testimoni in rete, hanno giocato un ruolo centrale, controllando, producendo e integrando i flussi informativi.

Nuove figure di redattori inserite in gruppi compositi e diversificati di competenze hanno prevalso sugli automatismi, riuscendo persino nel combattimento, a neutralizzare forze superiori con il brokeraggio di informazioni e la potenza di interferenza sui sistemi digitali del nemico. Certo che non parliamo degli inviati e corrispondenti tradizionali, ci riferiamo a quei gruppi di hacker che hanno guidato la resistenza neutralizzando le colonne di tanks. Cosa erano se non giornalisti nella loro essenza di raccoglitori ed elaboratori di informazioni multimediali? 

Da qui possiamo ripartire per raccogliere la sfida che Elon Musk e gli altri samurai della nuova rete post ucraina ci stanno lanciando.

LASCIA UN COMMENTO