(S.G.) L’associazione degli ex allievi della Scuola di Giornalismo di Perugia si è riunita il 3 marzo a Roma per il trentesimo anniversario della fondazione della scuola di formazione voluta dalla Rai. Per l’occasione, circa 50 giornalisti, tra cui alcuni volti molto noti dell’informazione hanno conversato con Patrick Zaki, in collegamento dall’Egitto. 

Il segretario dell’associazione, Davide Giuliani, ha spiegato che la scelta di dedicare a Zaki questo anniversario è dettata dal fatto che il giovane studente ha 30 anni, come la scuola di Perugia, e ha vissuto situazioni molto dure per aver espresso le proprie idee e difeso i diritti umani. Zaki ha parlato della sua esperienza in carcere e degli altri prigionieri ancora richiusi dietro le sbarre: giornalisti e attivisti, ma anche semplici cittadini puniti per reati di opinione. Per loro, il ricercatore egiziano ha chiesto di tenere accesi i riflettori e spera che “le istituzioni europee e il mondo intero si mobilitino e facciano pressione per restituire la libertà a chi è incarcerato ingiustamente”.

Zaki si è detto felice di poter incontrare tanti giornalisti, ha spiegato che il loro supporto e la copertura mediatica del suo caso lo hanno reso un uomo libero. “Il giornalismo – ha detto – è una professione stupenda ed emozionante. I giornalisti possono sfidare il potere e hanno un ruolo importantissimo perché possono cambiare le cose, perfino le posizioni di un governo”.

Zaki ha detto di essere stato molto fortunato, ma che non tutti sono fortunati come lui. In carcere, gli uomini della prigione e gli altri detenuti lo conoscevano, sapevano chi era. Qualcuno lo chiamava “l’italiano”, altri lo rincuoravano dicendogli che sarebbe uscito presto perché tutti parlavano di lui e chiedevano il suo rilascio. Rappresentava una speranza anche per gli altri detenuti. 

Zaki ha poi parlato della possibilità di ricevere la cittadinanza italiana, si è detto onorato della proposta e ha precisato che, a prescindere da un foglio di carta, lui si sente già italiano. Ora ricominciare a vivere non è facile. Dopo essere stato solo per tanto tempo, Zaki deve riabituarsi alla socialità, alle persone. Vuole migliorare il suo italiano, con la speranza che presto tornerà a Bologna. A metà serata c’è stata anche una sorpresa per lui: si è collegato dal Canada Marco di Vaio, ex attaccante e capitano del Bologna calcio, la squadra del cuore di Zaki. I due si sono scambiati qualche battuta, hanno sorriso e hanno ammesso di essere “l’uno il fan dell’altro”.

All’incontro era presente anche Tina Marinari, coordinatrice delle campagne di Amnesty International Italia. Insieme hanno strappato la promessa a Zaki di un nuovo incontro, questa volta in presenza, quando sarà definitivamente un uomo libero.

Patrick George Zaki, attivista e ricercatore egiziano, dal 7 febbraio 2020 fino all’8 dicembre 2021 è stato in detenzione preventiva al Cairo per il suo lavoro in favore dei diritti umani e per le opinioni politiche espresse sui social media. Prima dell’arresto, frequentava un master in studi di genere all’Università di Bologna. E’ imputato per “diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese”. Il reato, secondo la Procura, sarebbe stato commesso attraverso un suo articolo del 2019 sui cristiani in Egitto perseguitati dall’Isis e discriminati da frange della società musulmana. Il massimo della pena per questo tipo di accusa è di cinque anni di reclusione. La prossima udienza del processo è fissato al 6 aprile.

LASCIA UN COMMENTO