I giornalisti dell’Espresso vanno all’attacco. Obiettivo: Maurizio Scanavino, amministratore delegato del Gruppo Gedi, che ha venduto lo storico settimanale e ha espresso pesanti giudizi, come riportati dal Comitato di redazione della Stampa. In base agli accordi fra Gedi e l’acquirente Bfc Media di Danilo Iervolino, l’Espresso andrà in edicola la domenica abbinato a Repubblica fino al 1 marzo 2023 e quindi le parole di Scanavino vengono ritenute gravi e autolesioniste, facendo parte Repubblica di Gedi.

I giornalisti dell’Espresso (sono 18) dunque “prendono atto con sorpresa e sconcerto delle recenti dichiarazioni di Maurizio Scanavino, ad di Gedi, un gruppo che continuerà a essere l’editore dell’Espresso in attesa che si completi l’annunciata (e non ancora perfezionata) vendita della testata al gruppo Bfc media. Un giornale che ha fatto della lotta alle fake news una propria bandiera, con inchieste che in questi ultimi anni hanno avuto risonanza internazionale, non può fare a meno di contestare alcune affermazioni che ci sembrano lontane dalla realtà dei fatti, lesive dell’immagine della testata e della professionalità di quanti vi lavorano”.

perdite in diminuzione

Innanzitutto, le perdite. Al termine dell’incontro con Scanavino di giovedì 10 marzo con il Cdr della Stampa, Scanavino avrebbe affermato che L’Espresso “registra ormai da anni perdite estremamente significative”. In base ai dati comunicati dall’azienda -dicono dalla redazione del settimanale- “le perdite operative dell’Espresso, oltre a rappresentare una quota più che trascurabile rispetto al passivo del gruppo, erano nettamente diminuite nell’arco degli ultimi tre anni, un trend che, secondo quanto comunicato dai vertici aziendali, era destinato a proseguire anche nel 2022. Solo un mese fa, in un incontro con la direzione generale il Comitato di redazione dell’Espresso si era sentito rassicurare sul futuro della testata, poiché i conti per quanto in perdita erano in miglioramento e le ricorrenti voci di una possibile cessione della testata erano ‘totalmente infondate’”. In quell’occasione il deficit dell’Espresso era stato definito “importante, ma in miglioramento rispetto al 2020-21” ed era stato assicurato che non “erano previsti tagli di borderò né di altro tipo”.

Secondo capitolo, gli investimenti. L’Espresso, sostiene Scanavino, avrebbe avuto “la priorità” negli investimenti sul piano tecnologico. Un’informazione -ribattono i giornalisti- che non corrisponde alla verità, se si esclude, pochi mesi fa, l’aggiornamento di un sistema editoriale superato.

allegato obbligatorio

Terzo capitolo, una testata superata. Secondo quanto riportato dal Cdr della Stampa, Scanavino avrebbe affermato che L’Espresso “ha in qualche modo fatto il suo tempo”. I giornalisti del settimanale- rispediscono “al mittente le considerazioni sulla morte del giornalismo d’inchiesta e di approfondimento” e trovano “quantomeno sorprendente che l’amministratore delegato di Gedi consideri obsoleto un settimanale che, secondo quanto previsto dagli accordi con l’acquirente, continuerà a essere offerto ogni domenica in allegato obbligatorio a Repubblica almeno fino a 31 marzo 2023. Se prendessero sul serio le parole di Scanavino, i lettori finirebbero per essere scoraggiati dal comprare un prodotto definito superato da chi ne propone l’acquisto”.

I giornalisti dell’Espresso concludono con una frase Corrado Augias, valida per vecchi e nuovi proprietari: “I giornali hanno una storia e in qualche caso fanno la storia. E vanno maneggiati con cura, bisogna tenerlo presente quando si fa l’editore”. 

(nella foto, Lirio Abbate, nuovo direttore dell’Espresso)

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