Draghi e i giornalisti. Dopo quasi un anno da quando è entrato in carica questo Presidente del Consiglio, il rapporto con la stampa è mutato? Draghi è meno disponibile? Per caso, viene incensato invece che controllato come si dovrebbe? La conferenza stampa del 10 gennaio sul decreto-scuola ha aperto una discussione, che attiene alla funzione del giornalismo politico e che Professione Reporter ha toccato già in altre occasioni. Opinioni, polemiche o fatti concreti?

Tutto è cominciato con la “postilla”, come è stata impropriamente chiamata, la frase con cui il premier ha esordito nell’ultimo incontro, prima di dare la parola ai cronisti: “Vi avverto che non risponderò a domande sul Quirinale”. Un diktat, un ammonimento, un cambio di registro o cosa? Non lo aveva mai fatto. 

colleghi severi

Qualcuno si chiede: il capo del Governo vuole stabilire di cosa si può parlare e su cosa i giornalisti possono porre domande? Succede in Cina e nei paesi autoritari, ora anche da noi? Il giornalista del Paìs Daniel Verdù ha detto (lo ha riportato il Fatto quotidiano) che, se viene meno il principio che il giornalista possa fare domande a chi governa, allora in Italia “ci sono elementi di sospensione della democrazia”. Ancora più severa la collega tedesca Petri Reski, da trent’anni in Italia: “L’atteggiamento della stampa italiana nei confronti di Draghi ha un riflesso anche sulla percezione che se ne ha all’estero”, ha detto, convinta che Draghi, “per quanto persona valida, venga continuamente osannato”.

Viceversa, Tom Kington del Times, avendo partecipato alla conferenza stampa, ha ricordato che Draghi, anche alla sua domanda a proposito delle restrizioni attuate dal governo del Regno Unito sulla pandemia, aveva preferito non esprimersi. Però ha osservato che un altro politico probabilmente non avrebbe rifiutato la domanda, ma “avrebbe poi parlato per due minuti senza dire nulla”. Lo stesso Kington ha aggiunto come “la conferenza fosse stata incentrata sul fatto che il governo avesse fatto poco per le scuole”, mentre lui si era “chiesto se non avesse fatto troppo!” Dunque, giudizi diversi, dalla stampa estera, sull’atteggiamento dei nostri cronisti.

tenuta del governo

Se si vuole ricostruire con precisione, il Presidente non aveva chiesto di non fare domande sul Quirinale, ma aveva annunciato che a quelle non avrebbe risposto. Peraltro, Monica Guerzoni del Corriere della Sera, chiamata dalla portavoce di Draghi a fare la propria domanda (come quarta in elenco), dopo aver detto a Draghi che aveva sentito la “postilla”, ha chiesto al Presidente se la vicenda Quirinale, alla luce delle ultime mosse dei partiti (ha citato anche la frase di Berlusconi sull’uscita dal governo) non stesse “condizionando e frenando la strategia sul Covid, forse limitando e mettendo a rischio la tenuta del governo”. Il giorno dopo anche gli ironici conduttori della trasmissione radiofonica “Un giorno da pecora” hanno riconosciuto che la Guerzoni aveva comunque formulato un quesito molto politico, che aveva sullo sfondo l’elezione per il Quirinale. Il Presidente aveva risposto solo in minima parte, ma questo è un suo diritto.

In realtà Draghi avrebbe potuto non fare la “postilla” e poi rispondere “no comment”, come i protagonisti della cronaca in tutto il mondo, quando lo ritengano necessario. Anche il “no comment” è una risposta dalla quale si possono ricavare significati e retroscena. La “postilla”, per qualche verso, ha rivelato una insicurezza (aggettivo che mal si accompagna a un uomo come Draghi), un timore, una excusatio non petita. Il risultato è stato lo stesso. Nessuna parola del presidente del Consiglio sul Quirinale, a differenza della precedente conferenza stampa, a fine anno, dove aveva parlato di “compito concluso” e di essere “un nonno al servizio del Paese”. Quelle parole furono scarnificate per giorni, con una marea di polemiche annesse. 

lezioni e telefonate

Discutere si potrebbe sullo svolgimento delle conferenze stampa di Draghi. I giornalisti che possono fare domande vengono estratti a sorte (non pubblicamente) dal suo ufficio stampa. A rotazione e tenendo conto dei diversi settori: tv, radio, carta stampata. Singolare sistema, ma pensato per dare un limite temporale. Gli estratti spesso vengono poi chiamati dalla portavoce di Draghi per sondare che genere di domanda verrà posta. Insomma, non proprio un libero batti e ribatti. A proposito di lezioni dall’estero, va ricordato che Trump si è presentato davanti ai giornalisti dopo l’uccisone del generale iraniano Soleimani, gennaio 2020, ha parlato e non ha permesso domande.

Fin dal primo giorno si era capito che i comportamenti di Draghi rispetto ai mezzi di informazione sarebbero stati diversi da quelli dei suoi predecessori, basti citare Conte o Renzi. Chi ha seguito ad esempio al conferenza stampa di fine anno organizzata dall’Ordine dei giornalisti, ha notato quanto il premier sia asciutto e sintetico. Quel giorno fecero domande più di 50 giornalisti, grazie proprio alla stringatezza del Presidente. Usa pochissime parole, va al sodo, anche se evita alcuni scogli e talvolta non soddisfa appieno l’interlocutore. Al quale purtroppo in Italia quasi mai viene data la possibilità di riprendere la parola, mentre in altre nazioni il cronista ribatte, insiste o se lo ritiene, dichiara la microfono “di essere non soddisfatto della risposta ottenuta” dall’uomo politico.

senza giri di parole

Particolari di poco conto? Al contrario, in un’epoca in cui le parole contano, in cui gli occhi e i microfoni sono dappertutto, chi siede sulle poltrone di potere sa che costruirà la propria immagine proprio con l’aiuto, più o meno cosciente e diretto, dei mezzi di informazione. Se Mario Draghi gode di un grande consenso è probabilmente anche per i modi determinati e sbrigativi con i quali risponde alle domande, senza usare giri di parole o “politichese”. Tuttavia, sa bene che non può permettersi di vietare nulla ai cronisti, i quali a loro volta sanno che stanno esercitando il diritto e il dovere di chiedere e conoscere ciò che più sembra loro utile e necessario. Grande questione insomma, niente affatto marginale, visto che sul grado di indipendenza dei giornalisti rispetto al potere politico si gioca un pezzo importante della democrazia del nostro paese. Il giornalista libero fa domande, nell’interesse del cittadino. Il Presidente, vediamo se e come risponde.

Professione Reporter

(nella foto, la conferenza stampa di Draghi a fine 2021)

LASCIA UN COMMENTO