di ANDREA BALZANETTI

“Benvenuto all’Agenzia Ansa. Lei avrà sicuramente un’idea politica, ma io non voglio scoprirla leggendo quello scrive. Buon lavoro”.

Era il 2 maggio 1984, il mio primo giorno di lavoro a via della Dataria. Con queste parole mi accolse Sergio Lepri, il direttore, anzi il Direttore, con D maiuscola. Parole che dal 1960 al 1990 hanno dato il benvenuto a centinaia di giornalisti assunti all’Ansa. Parole che non erano un pistolotto di routine, ma erano l’unico comandamento che non poteva essere trasgredito. Mai. Anche perché i più rigidi nell’applicazione di quella regola erano proprio Lepri e i suoi principali collaboratori.

contestazioni e dolori

Lo posso dire con cognizione di causa perché uno dei collaboratori più stretti è stato mio padre (in agenzia dal 1945 al 1984)e quindi ho avuto la grandissima fortuna di aver vissuto in prima persona quel lungo periodo che trasformò l’Ansa, portandola sul podio mondiale delle agenzie. Prima da bambino affascinato dai racconti di mio padre e dei suoi colleghi e poi da giornalista, guidato dal professor Lepri.

Attentissimo lettore di ogni riga trasmessa ai giornali dalle vecchie telescriventi, raramente interveniva di persona per contestare un errore. Ma quando lo faceva erano dolori. Ricordo, verso fine anni ’80 che andai a seguire un noiosissimo dibattito sulle riforme istituzionali e mandai un pezzo sicuramente sciatto. Il giorno dopo il Direttore mi chiamò nella sua stanza e mi diede prima la carota, dicendomi che Ciriaco De Mita si era lamentato per alcuni passaggi di quel servizio, ma che lui lo aveva rimesso in riga, respingendo ogni critica. Come sempre. Poi, però, tirò fuori il bastone e con un misto tra durezza ed ironia esaminò parola per parola quel pezzo e ancora ricordo bene quella lezione. Sacrosanta.

dieci minuti dopo

Come sacrosanta fu un’altra lavata di testa (sempre di persona), perché l’Ansa era arrivata dieci minuti dopo la concorrenza su una dichiarazione -non indimenticabile- fatta in strada dall’allora (e anche attuale) sindaco di Palermo Leoluca Orlando, su un omicidio di mafia. Cercai di spiegare che l’unico telefono disponibile era occupato e il Direttore mi gelò con la consueta ironia: “Per fortuna non si trattava di una lunga telefonata tra due innamorati, in quel caso il pezzo sarebbe arrivato stanotte”. 

Ma se  l’Imparzialità era il primo comandamento da seguire, ne esisteva un altro non meno importante, che ogni giorno veniva controllato personalmente dal Direttore: la buona scrittura. Su quella regola la verifica, purtroppo per noi giovani redattori, arrivava ogni giorno di prima mattina, quando si entrava a via della Dataria. Quando, sulla scrivania, trovavi qualche takes del giorno prima con bei circoletti rossi a matita, per sottolineare qualche castroneria.

Un giorno incontrai Lepri al bar interno dell’Ansa e provai a contestare quel metodo, dicendo che noi spesso dettavamo “a braccio” (per i più giovani: senza leggere da appunti o testi scritti), in condizioni non facili. “Vorresti dettare leggendo una bella notizia d’agenzia? Troppo facile. Ricordati che lavori per l’Ansa”.

Ciao Direttore.

(nella foto, Sergio Lepri, il giorno dei 100 anni) 

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