Nel 2021 sono stati imprigionati in tutto il mondo 488 giornalisti e operatori dell’informazione mentre svolgevano il loro lavoro. È la denuncia di Reporters sans frontières (Rsf): si tratta del numero più alto mai registrato, con le situazioni più gravi in Bielorussia, Myanmar e Cina. Mai così tante donne sono risultate imprigionate, 60. I dati, aggiornati al primo dicembre, registrano un aumento del 20% degli arresti di giornalisti rispetto allo scorso anno.

“Questo aumento significativo del numero delle detenzioni arbitrarie è provocato in particolare da 3 Paesi i cui governi sono indifferenti al desiderio di democrazia dei loro cittadini”, dice il rapporto. In Myanmar, dove lo scorso febbraio i militari hanno ripreso il potere con un colpo di Stato, attualmente vi sono 53 giornalisti in prigione, mentre lo scorso anno erano solo 2. In Bielorussia dopo la rielezione di Alexander Lukashenko alla presidenza nell’agosto 2020, si sono 32 giornalisti in carcere, un anno fa erano sette. Per quanto riguarda la Cina, dito puntato in particolare contro la legge per la sicurezza nazionale ad Hong Kong, dove negli ultimi mesi sono stati arrestati almeno 10 giornalisti.

Secondo il rapporto, la Cina si conferma, per il quinto anno consecutivo, il Paese con più giornalisti incarcerati, 127.

Sono 46 i giornalisti assassinati mentre svolgevano il loro lavoro nel 2021. Questo è il dato più basso degli ultimi 20 anni, scende per la prima volta sotto i 50 omicidi dal 2003.   Messico e Afghanistan si confermano i due paesi più pericolosi anche nel 2021 con 7 e 6 morti, seguiti da Yemen e India, con 4 giornalisti uccisi ciascuno.

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