Da dieci anni le uscite per le pensioni sono superiori alle entrate per contributi. Da quattro anni il bilancio è in rosso, un’evidenza che è stata rinviata da un’operazione di rivalutazione degli immobili proprietà dell’Istituto, i cui effetti sono stati spalmati in più anni. In un decennio i pensionati sono aumentati di oltre il 30% (ora sono 9.600, rispetto a circa 14.500 iscritti “attivi”). I giornalisti con contratto da dipendente sono diminuiti – soprattutto, ma non solo, per la crisi dell’editoria – del 20%. Le pensioni sono calibrate su stipendi che erano mediamente molto più elevati degli attuali. Il raffreddamento degli scatti d’anzianità (contratto Fieg-Fnsi del 2009) ha rallentato brutalmente la crescita delle retribuzioni. Gli stipendi dei giornalisti attivi sono poi fermi al contratto del 2014, nessun aumento da allora.
famigerati prepensionamenti
Nel frattempo, la contribuzione – che era molto più favorevole dell’Inps – è stata innalzata ai livelli dell’istituto pubblico quando presidente era Andrea Camporese. L’ultima riforma (la sesta dal 1998 ad oggi) è stata approvata a maggioranza dal Cda del 23 giugno, che si è protratto per circa dieci ore. Non è operativa: ci vorrà il via libera dei ministeri vigilanti (Lavoro ed Economia). Il punto centrale (e più controverso, e più remunerativo per la casse dell’Ente) è il prelievo per cinque anni dell’1% degli stipendi e delle pensioni. Circa novecento firme per diffidare il Cda sono arrivate all’Istituto già alla vigilia del Consiglio d’amministrazione. Non poche, considerando che l’iniziativa ha preso il via appena un giorno e mezzo prima. Una raccolta di firme in via telematica coordinata da un gruppo di pensionati, che hanno diffidato il Cda dal prendere le annunciate decisioni in quanto considerate illegittime.
riduzione del cumulo
Il prelievo dai pensionati sarebbe a fondo perduto, quello ai giornalisti attivi andrebbe ad accrescere la contribuzione individuale. In tutto l’operazione frutterebbe 15,5 milioni di euro all’anno, a cui si aggiungerebbero altri 4 milioni da diverse misure che smantellerebbero alcune condizioni più favorevoli che l’Inpgi conserva rispetto alla previdenza generale. Abolite – salvando quelle in essere – alcune prestazioni facoltative e cioè gli assegni di superinvalidità, i ricoveri in casa di riposo, i sussidi: per quest’ultima voce, che rappresenta assegni di sostegno a colleghi in grave difficoltà, il risparmio sarebbe di 28 mila euro. Poi riduzione del cumulo già previsto tra pensione di anzianità o da prepensionamento e reddito (per chi ha una pensione almeno di 38 mila euro): si scende da 22.514 a 5.000 euro. È prevista una riduzione in percentuale delle pensioni di anzianità prima dei requisiti Inps. Poi, riduzione del 5% dei costi della struttura.
misura straordinaria
Cinque euro ogni stipendio, destinati alle pensioni più povere, dove però ora transiterebbero soltanto, perché il prelievo dell’1% è esteso a tutte.
derby di sacrifici
Da un punto di vista, la maggioranza ha preso delle misure impopolari, cercando di salvare alcuni capitoli di spesa (come le condizioni ancora più favorevoli per reversibilità e disoccupazione) e l’opposizione sembra limitarsi a dire dei “no”. Ma il punto, e questo non sembra chiaro a nessuno, non è se le misure prese siano più o meno corrette, ma che ormai la dirigenza dell’Inpgi si è mossa fuori tempo massimo.
platea contributiva
Si trattava dell’unica strada percorribile per la Presidente dell’Inpgi Marina Macelloni che, verso la fine del suo primo mandato, era riuscita a compattare il Cda. Questa legge però dava, dal 20 giugno del 2019, 12 mesi di tempo per adottare “misure di riforma del proprio regime previdenziale volte al riequilibrio finanziario (…) che intervengano in via prioritaria sul contenimento della spesa e, in subordine, sull’incremento delle entrate contributive, finalizzate ad assicurare la sostenibilità economico-finanziaria nel medio e lungo periodo”. Dodici mesi, non due anni. Il Cda dell’Inpgi, nel luglio di 2019, convocò una conferenza stampa nella sede dell’istituto, preannunciando di volersi mettere subito al lavoro.
commissariamento annunciato
La presidente Marina Macelloni non ha mai espresso dubbi, sostenendo che “l’Inps non ci vuole” e che l’unica strada era l’ampliamento della platea contributiva.
difficolta’ strutturali
Tridico conosce la suscettibilità dei rappresentanti dei giornalisti, e precisa: “Non vogliamo interferire in un settore così delicato come quello dei media, che ha giustamente la sua autonomia”.
150 milioni l’anno
Bravo Fabio. Chiarezza e completezza nell’informazione non ti sono mai mancati
Ben spiegato tutto il corso degli eventi… in corso. Resta da capire con chi ha avuto interlocuzione l”Inps. Se è vero quel che ha detto Tridico il commissariamento è alle porte. La politica non si sta interessando affatto della categoria.