L’ultima, Rossella Placati. Cinquantuno anni, di Bondeno, Ferrara, uccisa con un oggetto contundente e accoltellata, il 22 febbraio: “I colleghi la aspettavano come tutti i giorni al lavoro, alla Haemotronic, nel reparto produttivo di Mirandola, dove lavorava da undici anni. Ma Rossella, divorziata, un figlio grande, non si è mai presentata. L’hanno trovata con il cranio sfondato nel bagno della sua abitazione, l’accappatoio addosso. E tre fendenti, inferti nella parte sinistra del torace. Un delitto per il quale è stato arrestato il compagno di Rossella, Doriano Saveri, 45 anni, artigiano edile. All’origine del delitto ci sarebbe la situazione di tensione legata alla decisione di Rossella di mettere fine al rapporto e mandare via da casa il compagno. Casa nella quale lei gli permetteva di rimanere, dormendo in stanze separate, in attesa di una nuova sistemazione”.

Il 9 novembre 2020 è stata uccisa a colpi di pistola dal marito, Barbara Gargano, 38 anni. A Carignano (Torino). Voleva separarsi. Alberto Accastello, 40 anni, operaio da 20 anni alle dipendenze di un’azienda agricola di Ceretto che produce sementi, non voleva accettarlo.

Il 7 dicembre è stata uccisa a coltellate Madalina Luminita, 32 anni. E’ stato il marito Adrian Luminita, 39 anni. Il delitto è avvenuto al culmine di un violento litigio tra i due coniugi, all’interno della dependance di una lussuosa villa di Pescia Fiorentina, frazione di Capalbio, (Grosseto), dove Madalina e il marito, rumeni, lavoravano come custodi. 

Maria Masi è stata uccisa a colpi di pistola il 26 settembre 2020 a Venaria (Torino). E’ stato il marito Antonino La Targia, 46 anni. Lasciato dopo 15 anni di matrimonio, non accettava la separazione. Antonino da due anni era in sedia a rotelle, dopo un incidente in moto. 

Micaela Masella è morta a Milano il 12 giugno 2016, a 43 anni. Per gli inquirenti sarebbe stato l’ex compagno Giuseppe Pellicanò, pubblicitario 50enne: è accusato di aver staccato il tubo del gas della cucina per farla finita insieme a lei e alle loro due figlie piccole.

La prima dell’elenco è Lenuta Lazar, 31 anni, morta il 2 gennaio 2012: “L’hanno trovata in un’alba livida di freddo in un canale da pesca a Chiesuol del Fosso, nel Ferrarese. Lenuta, prostituta rumena, aveva il corpo straziato da 23 coltellate. A ucciderla è stato Sergio Rubini, 53 anni, di Voghiera (Ferrara). L’uomo ha confessato il delitto ai familiari, che l’hanno poi denunciato ai Carabinieri. Rubini, in preda a una furia cieca, ha massacrato Lenuta subito dopo averla caricata sul suo furgone di imbianchino”. 

E poi Augusta, Rosaria, Marina, Marilia, Giuseppina, Olena, Raffaella, Shedije, Rodika, Vanda, Edda, Svetlana, Donika, Franca, Battistina… Non ci sono più.

I femminicidi, raccolti dal blog del Corriere della Sera “La 27sima ora”, dal 2012 sono arrivati, l’8 marzo 2021, a 984, più di cento all’anno. Nel 2021 supereranno quota mille. Per ogni donna uccisa perché donna, il blog pubblica una foto e il racconto secco della tragedia. A cura di Laura Zangarini.

L’inviata del Corriere, Giusi Fasano ha scritto sul blog che “i nomi delle donne uccise da partner o ex partner sono una montagna. La soluzione passa anche da più risorse strutturali (che nell’anno del virus non si sono viste) e zero burocrazia”. 

Parla delle risorse che il Dipartimento per le Pari Opportunità trasferisce alle Regioni e che le Regioni distribuiscono ai Centri antiviolenza e alle Case Rifugio: “Proprio quando l’Istat ci dice che a dicembre 2020 su 101 mila lavoratori che hanno perso il posto 99 mila sono donne; quando fra marzo e giugno al numero antiviolenza sono arrivate 15.280 chiamate, cioè più del doppio rispetto allo stesso periodo del 2019. E’ evidente – sul fronte dei soldi – la differenza fra ciò che risulta sulla carta e ciò che accade nel mondo reale”.

Fasano cita il report di Action Aid, l’organizzazione che monitora e analizza il sistema antiviolenza: “Cominciamo dal biennio 2015-2016. Dei 17,6 milioni di euro stanziati per quei due anni a favore dei Centri e delle Case Rifugio ne sono arrivati fisicamente alle strutture il 72%. Bilancio poi peggiorato nel 2017, quando i soldi stanziati erano 12,4 milioni: arrivati finora nella misura del 67%. Dei 19,6 milioni di euro messi in conto per il 2018 ne sono stati invece liquidati 7,6, cioè il 39%”. 

A proposito del binomio virus-antiviolenza: “La ministra alle Pari opportunità Elena Bonetti all’epoca del governo Conte due aveva firmato un decreto per trasferire in fretta alle regioni le risorse del 2019 – 29,4 milioni di euro – e per consentire ai Centri e ai Rifugi di usare quei soldi per l’emergenza sanitaria. Risultato: a fine 2020 li avevano erogati soltanto 5 regioni, meno di 3 milioni. Dei 28 milioni stanziati per il 2020 le strutture sul territorio non hanno visto finora nemmeno un centesimo”.

Dov’è che tutto si incaglia? La risposta va cercata nei passaggi burocratici, ma anche nell’impegno discontinuo delle istituzioni sul tema della violenza, perché lo Stato decide seguendo la sensibilità dei politici in carica: “Una volta stabilita la cifra, si comincia un balletto infinito fra conferenza Stato-Regioni, decreto di riparto, programmazione delle Regioni, Corte dei Conti, verifica dei requisiti delle strutture. La Commissione parlamentare sul femminicidio, presieduta da Valeria Valente, propone ‘finanziamenti strutturali’ e chiede il ‘superamento del riparto annuale in favore di un riparto almeno triennale’”.

Professione Reporter

(nella foto, Giusi Fasano, inviata del Corriere della Sera)

1 commento

  1. È un vero tzunami di sangue quello che ormai da troppo tempo sta devastando l’universo femminile in un crescendo di disumanità che vede gli uomini trasformarsi in beve feroci incapaci di arginare le proprie frustrazioni.
    L’educazione all’empatia che sicuramente non può diventare una materia di studio nei diversi ordini di scuola, in un mondo in cui l’individualismo è il sovrano assoluto, dovrebbe essere l’obiettivo primario ed imprescindibile per entrare in punta di piedi nella vita delle persone, fin da quando si è bambini.
    Pertanto mi piacerebbe immaginare la scuola, soprattutto laddove la famiglia è carente, il luogo in cui “insegnare” in modo trasversale a tutte le discipline, la storia dell’ “arte” empatica, come una sorta di azione preventiva.
    Le istituzioni, di per se stesse molto carenti non bastano, così come non sono sufficienti l’impegno e le testimoninze di chi la violenza l’ha vissuta sulla propria pelle.
    Onoriamo l’ otto di marzo anche negli altri 364 giorni dell’anno con maggior impegno fattivo investendo maggiori risorse empatiche nell’ educazione per “formare” Esseri veramente Umani.

LASCIA UN COMMENTO