In Abruzzo, da oltre dieci anni, l’Associazione di volontariato Voci di dentro pubblica una rivista scritta da detenuti, ex detenuti, volontari, docenti e giornalisti. Il primo numero del 2021 si intitola “La mala educazione”. In prima pagina, sotto la testata, appare il disegno stilizzato di un agente di polizia che si accanisce col manganello su una persona a terra. “Un’immagine che fa da guida alla sezione in primo piano dedicata alla violenza delle Istituzioni”, dice il direttore Francesco Lo Piccolo. Cinquantasei pagine, a colori, carta patinata: per il 2021 il periodico Voci di dentro ha in programma l’uscita di 10 numeri (sei quelli realizzati nell’anno precedente). La rivista si occupa di carcere, giustizia e diritti, dà voce a persone in stato di disagio e finite nei gironi della giustizia, a coloro che sono raccontati dai media e dal sistema penale come criminali, “oggetti o cose, non soggetti o persone”, aggiunge Lo Piccolo.

Scuola del delitto

La rivista viene inviata per posta alle aree educative degli istituti di pena italiani, al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, al Provveditorato regionale per l’amministrazione penitenziaria e ad autorità varie. Gratuitamente. Fino all’esaurimento delle copie stampate, fra mille e duemila a ogni numero, a seconda delle disponibilità economiche dell’Associazione, che si regge con le quote degli iscritti, i contributi di amici, di privati e di Enti. I dieci numeri di quest’anno sono in parte finanziati dalla Regione Abruzzo, grazie a un bando per gli enti di volontariato. Tutti i numeri possono essere sfogliati gratuitamente sul sito e sui social dell’Associazione.

Un progetto editoriale, alla pari di tanti altri giornali delle carceri come Ristretti, l’Oblò, Astrolabio e che viene portato avanti dall’Associazione Voci di dentro, assieme ad altre iniziative nelle Case circondariali di Chieti e a Pescara, come i laboratori di scrittura, fotografia, disegno, teatro: “Per cercare di rompere l’isolamento al quale sono costrette le persone detenute e proporre vie d’uscita da un luogo-ghetto che appare sempre più sbagliato, inutile e dannoso, addirittura la più efficace scuola del delitto: riproduce, non elimina, anzi moltiplica il male”.

parenti che soffrono

Francesco Lo Piccolo, giornalista, direttore della rivista e presidente della Onlus Voci di dentro, spiega: “Sono entrato in carcere nel 2007 su richiesta della direzione del carcere di Chieti, per dare una mano al giornalino interno. Doveva essere un piccolo aiuto, in poco tempo ho compreso l’importanza di fare di più. Ho perciò fondato l’associazione e costruito fuori una vera e propria redazione, con decine di volontari. La rivista, con gli scritti delle persone detenute ed ex detenute, cerca di mostrare la sofferenza continuamente nascosta e quotidianamente patita anche dai parenti, dai padri, dai figli, dalle mogli di chi sta in carcere. Ed evidenzia quello che già Bobbio aveva annotato in alcuni suoi scritti e cioè che la questione criminale non può in alcun modo essere risolta dalle istituzioni penali. La recidiva, oltre il 70 per cento, lo dimostra: non comprendere questo dato significa non interrogarci su chi sono quelli che vanno in carcere e per quale ragione ci vanno. Ignorare che per la grandissima parte sono poveri, economicamente e di cultura, disagiati e affetti da patologie e problemi soprattutto sociali, oltre che da dipendenze varie”.

A Voci di dentro i giornalisti sono i detenuti e le persone relegate ai margini: è il loro sapere che diventa fonte di informazione e conoscenza; il loro punto di vista diventa punto di forza di un nuovo modello di informazione e di un’altra visione del mondo. Spiega ancora Lo Piccolo: “I testi delle donne rom o delle donne straniere, le interviste che appaiono in tutti i numeri svelano, ad esempio, anche situazioni di sfruttamento da parte del maschio. Dietro a un piccolo fatto di cronaca, ad esempio di fronte all’arresto di uno spacciatore che sui giornali si esaurisce nella notizia di nera, noi scaviamo e facciamo emergere il resto della storia, quella ignorata dal giudice. Esempio: C., tossicodipendente e spacciatore, racconta in un suo testo la vita di sua madre a sua volta tossicodipendente e morta di Aids quando lui era un bambino. Per capire e non per giustificare. O del bambino che idealizza il padre in carcere perché ha saputo tenere testa agli agenti sfidandoli con gli occhi mentre veniva arrestato e che in una lettera gli chiede di scappare e di passare a prenderlo ‘perché lui con la mamma e il nuovo compagno della mamma non ci vuole stare e che non sopporta la scuola o  la maestra che gli rinfaccia di avere un genitore così’”.

iniezione letale

La rivista affronta anche altri temi. Nel numero appena uscito, oltre alla sezione dedicata alla violenza della polizia fuori e dentro le carceri (argomento trattato con uno studio sulla pedagogia nera, dal titolo “Forgiare e punire”, con un articolo sulle squadrette in carcere e con un saggio sulla tortura del professor Giuseppe Mosconi, sociologo del diritto), si parla anche di omosessualità e delle aperture del Papa, di America e della morte di Lisa Montgomery, stuprata quando era bambina e uccisa con una iniezione letale da adulta. C’è una sezione dedicata al virus e alla pandemia, argomenti che vengono affrontati con l’intervista a Fabrizio Chiodo, il ricercatore italiano che collabora allo sviluppo degli antidoti prodotti a Cuba, con un “dietro le quinte” del record israeliano di vaccinazioni, con l’intervista a uno studente autistico “costretto” a casa. “Questo numero di febbraio e tutti quelli di quest’anno – dice Lo Piccolo – verranno anche distribuiti porta a porta da un’equipe di volontari e psicologi presso una quarantina di famiglie tra Chieti e Pescara. Iniziativa che rientra nel progetto ‘News no fake’ per promuovere sistemi anticontagio, contrastare false informazioni e fenomeni di disagio ed esclusione”.

novemila euro

“I testi – conclude il direttore di Voci di dentro – sono raccolti durante i laboratori in carcere, vengono concordati nelle riunioni on line, discussi con gli ex detenuti o detenuti ai domiciliari affidati all’Associazione dall’Ufficio per l’esecuzione penale esterna. E vengono pagati. Per quest’anno per ogni numero abbiamo a disposizione, grazie al finanziamento della Regione Abruzzo, 900 euro, 9 mila per i dieci numeri”.

Uno sguardo alle copertine della rivista: “Strappati” è il numero dedicato agli affetti perduti, al racconto del ragazzo albanese che voleva lavorare in Italia e che per cinque volte è stato cacciato ed espulso, alla storia di Luca che in cella sta preparando il nodo per darsi la morte e viene salvato dall’arrivo di una lettera; ne “Le vite degli altri” si scopre che sogni e speranze dentro il carcere sono i sogni e le speranze di tutti; in “Stanno tutti bene” ci sono racconti sulla tragedia nucleare di Fukushima e sulle guerre in Libia; in “Numeri uscenti” la tragedia dei suicidi in carcere; in “Strange fruit” e nel numero titolato “Noi siamo George Floyd” si parla di razzismo, classi e caste; con il titolo “Metamorfosi” e con il titolo “Oltre la maschera” Voci di dentro affronta l’argomento del Coronavirus, delle proteste di marzo, dei 14 detenuti morti; in “Korpo a Korpo” la redazione ha affrontato i casi di Willy, ucciso a calci a Colleferro e di Maria Paola morta a Caivano in un incidente provocato dal fratello, che si opponeva ala sua relazione con un ragazzo trans.

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