Papa Francesco dice che “la crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti ai computer, senza più consumare le suole delle scarpe”. Si potrebbe sintetizzare che non gli piace lo smart working per i giornalisti. Si potrebbe aggiungere che non gli piace il giornalismo distaccato dalle persone che soffrono e lottano, attento invece alle trame del mondo politico. Parla di un’informazione che “sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società”.
“Se non ci apriamo all’incontro -prosegue- rimaniamo spettatori esterni, nonostante le innovazioni tecnologiche, che hanno la capacità di metterci davanti a una realtà aumentata nella quale ci sembra di essere immersi”. A proposito del web e dei social: “Ogni strumento è utile solo se mette in circolazione conoscenze che altrimenti non circolerebbero”.
Per esempio, a proposito dei vaccini anti-Covid che non arrivano nei Paesi più poveri: “Chi ci racconterà l’attesa di guarigione nei villaggi più poveri dell’Asia, dell’America Latina e dell’Africa?”.

“VIENI E VEDI”

Tutto questo nel Messaggio di Papa Francesco per la 55.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, intitolato “«Vieni e vedi»(Giovanni 1,46). Comunicare incontrando le persone dove e come sono”reso noto il 23 gennaio, alla viglia della memoria di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. La Giornata cade a maggio 2021 ed è stata celebrata per la prima volta nel 1967, da Paolo VI. “Nella comunicazione nulla può mai completamente sostituire il vedere di persona, senza uscire mai per strada”, senza uscire “dalla comoda presunzione del ‘già saputo’”.
Il Papa mette in guardia dal rischio di “giornali fotocopia” o di “notiziari tv e radio e siti web sostanzialmente uguali”, dove le inchieste perdono spazio a vantaggio di “una informazione preconfezionata, ‘di palazzo’”.
E la rete? Con i social può moltiplicare la capacità e la velocità di condivisione delle notizie, in un flusso continuo di immagini e testimonianze -ad esempio per le emergenze nelle prime comunicazioni di servizio alle popolazioni- ed essere quindi “uno strumento formidabile”. “Tutti possiamo diventare testimoni di eventi che altrimenti sarebbero trascurati dai media tradizionali” e far “emergere più storie, anche positive”. Esiste però il rischio di una comunicazione social “priva di verifiche”: non solo le notizie ma anche le immagini sono facilmente manipolabili, a volte “anche solo per banale narcisismo”. Tutti, secondo Francesco, “siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere”.

GLI OCCHI DEI RICCHI

La pandemia. Esiste il rischio di raccontarla “solo con gli occhi del mondo più ricco”. Sulla questione dei vaccini, il pericolo investe anche il “mondo dei più fortunati”, dove “il dramma sociale delle famiglie scivolate rapidamente nella povertà resta in gran parte nascosto”, dove “non fanno troppa notizia le persone che, vincendo la vergogna, fanno la fila davanti ai centri Caritas per ricevere un pacco di viveri”.

Il Papa ringrazia tanti operatori della comunicazione: è merito di giornalisti, cineoperatori, montatori, che spesso rischiano nel loro lavoro, “se oggi conosciamo, ad esempio la condizione difficile delle minoranze perseguitate in varie parti del mondo; se molti soprusi e ingiustizie contro i poveri e contro il creato sono stati denunciati; se tante guerre dimenticate sono state raccontate”.

(nella foto, 13 febbraio 2019, il Papa riceve i giornalisti di Askanews, in lotta per l’occupazione)

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