Stefano Mignanego dopo 37 anni lascia il gruppo Espresso, ora diventato Gruppo Gedi. Era dal 1998 direttore centrale Relazioni Esterne. Era entrato per occuparsi di controllo di gestione, poi era stato amministratore delegato dell’editrice della Provincia Pavese e direttore generale dell’editrice del Lavoro. Dal 1992 al 1997 è stato direttore coordinamento delle edizioni locali di Repubblica. 

Persona cortese e disponibile, con un’etica del lavoro difficile da trovare.

Ha scelto di andare in pensione anche se non era tenuto e ha scritto una lettera da velista, come era anche il padre. 

vigilia d’estate

“In questi giorni rivedo spesso il nastro dei miei ricordi. Il primo è quello del mio ingresso nel Gruppo. Anno 1983, vigilia dell’estate. Mi sono appena laureato alla Bocconi con una tesi sull’editoria. Mi affascinano i giornali, ma non vorrei fare il giornalista, mi piace il mondo che ci gira intorno, le persone, i numeri, i bilanci. Porto la mia tesi, fresca di stampa, a Carlo Caracciolo nella sede di Milano dell’Espresso, allora in via Cino Del Duca. Tra una sigaretta e l’altra la sfoglia, mi chiede cosa voglio fare nella vita. Gli dico che mi sto organizzando per andare in vacanza a Newport a seguire Azzurra in Coppa America. Farei anche qualche articolo per un giornale di nautica. E poi mi cercherei un lavoro. La Bocconi è un buon biglietto da visita, stanno già arrivando proposte. Mi ascolta, e con naturalezza e leggerezza, come se mi offrisse un caffè, mi dice: ‘Ti assumiamo noi, da subito: vieni a lavorare a Roma, nel controllo di gestione dei giornali locali’. Dico di sì prima ancora di pensarci. E lì comincia la mia lunga avventura in quello che tanti dicevano essere, all’epoca, un ‘club’ più che un’azienda. Per me il Gruppo è stato una grande barca (naturalmente a vela) con un grande equipaggio: abbiamo vissuto, tutti insieme, colleghi ed ex-colleghi, poligrafici, giornalisti, dirigenti e collaboratori, momenti di successo e momenti difficili. Affrontato tempeste e bonacce. E quelli delle altre barche sempre a inseguirci, a prenderci come esempio. Negli anni sono cambiati armatori e comandanti. Tutti hanno saputo cogliere lo spirito e il senso di appartenenza che ci hanno fatto essere speciali, unici. E’ stata una navigazione splendida, irripetibile. Alcune volte con il vento in poppa, in discesa, sotto spinnaker, altre volte con il vento in prua, in salita, con la tormentina. Adesso però, dopo 37 anni, ho deciso: a fine anno mi tolgo cerata e scarpe da vela, e scendo. Vado in pensione”.

articolo di congedo

A questo punto Mignanego chiede perdono perchè copia un passaggio dall’articolo di congedo dai suoi lettori di suo padre, scritto quattro anni fa, pochi mesi prima di morire.

Ecco il brano: “Da qualche settimana non alimento più la mia rubrica ‘Vizi e virtù’ del Venerdì e forse la sospensione sarà definitiva. La ragione è semplice: ragione di età. In Germania, dopo la guerra, si cantava la canzone popolare Es Geht Alles Vorüber, Es Geht Alles Vorbel: tutto finisce a questo mondo e la canzonetta si applica anche a quel che scriviamo…’.

“Ecco -riprende Mingnanego- tutto finisce a questo mondo. Anche la mia avventura qui dentro. Sono arrivato in porto, prendo le mie cose e vado a dedicarmi alla mia famiglia e alle mie passioni. Voi continuerete a navigare, in un mare che in questa stagione è agitato, in burrasca. Ma ne uscirete bene, come sempre. L’armatore e la sua squadra hanno fatto una difficile scommessa sulla sfida alle nuove frontiere (nessun altro avrebbe osato, in questi tempi) e la vinceranno, per le loro idee, per la loro passione, per la loro capacità e per questo equipaggio, straordinario come lo era quello di Azzurra”.

Stefano Mignanego, genovese, è figlio di Piero Ottone (vero nome Pier Leone Mignanego), grande direttore del Corriere della Sera dal 1972 al 1977, che licenziò Montanelli e portò in prima pagina Pier Paolo Pasolini.

(nella foto Corrado Corradi, oggi direttore generale della Divisione Stampa Nazionale di Gedi, Stefano Mignanego ed Eugenio Scalfari)

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