L’assoluta mancanza di un piano di rilancio. Il dimezzamento delle pagine locali di cronaca e la sostanziale soppressione del servizio degli spettacoli locali sulle tre edizioni (Roma, Milano, Torino). L’annuncio non rispettato di un restyling del sito internet. La notifica della “sospensione” dell’edizione del quotidiano su Torino. I continui ritardi sui pagamenti degli stipendi. La totale assenza del rispetto delle più banali procedure sindacali. La mancanza di garanzie, che pure sono state più volte richieste, sulla sanificazione delle redazioni.

L’assemblea dei giornalisti di Metro denuncia tutto questo e indice lo stato di agitazione.

Lo scorso 18 maggio Metro, la testata che per prima portò la free press in Italia nel 2000, fu venduto da Mario Farina all’attuale editore, Paola Garagozzo.

“A dispetto delle parole e delle promesse -dice il comunicato dell’Assemblea- l’editore è stato solo capace, da un lato, di aggrapparsi agli ammortizzatori sociali pagati dalla categoria e dalla generalità dei contribuenti, e, dall’altro, di imporre ridimensionamenti o brutali tagli, come quelli alle pagine locali. Pagine di importanza fondamentale per reperire quelle risorse pubblicitarie che invece, a quanto sembra, sono trasmigrate verso giornali settimanali con una testata quasi identica a quella di Metro, appartenenti ad altro editore e perciò concorrenti. I giornalisti di Metro invitano l’azienda al rispetto del Contratto in materia di comunicazioni sindacali; stigmatizzano la strana coincidenza per cui i pagamenti degli stipendi avvengono sempre dopo aver firmato le continue richieste di Cassa integrazione Covid, tanto che il CdR, d’accordo con l’assemblea, ha deciso di non confermare l’ultimo incontro in cui si sarebbe dovuto firmare l’accordo per la Cassa Integrazione Covid al 50% nel mese di agosto”.

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