(A.G.) Finora il giornalista dell’anno si chiama Valerio Lo Muzio ha 29 anni, è nato a Foggia, ma vive da molti anni a Bologna, dove lavora principalmente per La7 e per Repubblica Tv. Valerio è un ragazzone con gli occhiali, la barba e i capelli neri e ha prestato la sua opera anche per Fatto quotidiano, Corriere della sera, Daily Mirror, Ticino online e Resto del Carlino.

Nessuno gli ha mai fatto un contratto. Valerio è un freelance, guadagna per quello che realizza. Se si ammala, niente compenso.
E’ giornalista professionista, ma fa parte dei “nuovi giornalisti”, quelli che fino a qualche anno fa erano guardati dall’alto in basso dalle grandi penne. Lavora con le immagini, è un videomaker. Il videomaker, come il fotografo, ha questa caratteristica, che non può mistificare, dire che ha sentito una cosa che gli hanno solo raccontato, colorire, inventare. Il videomaker deve stare là dove le cose accadono. Se arriva un secondo dopo, è perduto. Niente compenso. Infatti, specie nelle situazioni di guerre o di rivolte, sono fotografi e videomaker a pagare i prezzi più alti.
Già per tutto questo, rappresentando per molti aspetti il giornalista ai tempi di oggi, meriterebbe un plauso e un premio.

Ma Lo Muzio è il videomaker che ha filmato il figlio sedicenne del ministro dell’interno Salvini che faceva un giretto su una moto d’acqua della polizia. Intanto era lì a Milano Marittima e la gran parte dei colleghi non c’era. Ha provato a intervistare Salvini, ma il ministro non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Lo ha seguito sulla spiaggia, “mentre la scorta, in borghese (in costume) a più riprese mi invitava a desistere”. A un certo punto Salvini si è imbattuto in due moto d’acqua della polizia. Gli agenti-piloti gli hanno spiegato come funzionavano le moto, “poi il ministro si è riavviato verso l’ombrellone e gli uomini della scorta mi si sono parati davanti per impedirmi la visuale verso il mare. Ho provato a sporgere la testa, ho visto il figlio del ministro che saliva sulla moto e ho cominciato a riprendere. Mi hanno detto: smettila, spegni, sennò te la levamo. Poi mi hanno chiesto i documenti, e mi hanno detto: bene, ora sappiamo dove abiti”.
Valerio ha continuato a filmare e ha realizzato un bel colpo giornalistico. A prescindere ovviamente dalla personalità politica coinvolta. Ha pensato semplicemente alla notizia.

Il giorno dopo, in una conferenza stampa, Salvini si è rifiutato di rispondergli alla domanda: “Chi erano quegli uomini che mi hanno fermato?”, invitandolo ad andare a riprendere i bambini in spiaggia, “visto che le piace tanto”.

Il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Verna ha detto: “Non basta ammettere l’errore da padre, per giustificare il giro sulla moto della polizia compiuto dal figlio. Perché quella vicenda coinvolge anche il diritto di cronaca. E Salvini dovrebbe chiedere scusa soprattutto al giornalista minacciato mentre svolgeva il proprio lavoro.”

Per il segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso «è gravissimo che le forze dell’ordine abbiano preso l’abitudine di chiedere le generalità, quando non ricorrono alle minacce o ai pestaggi, ai giornalisti che fanno il proprio lavoro, documentando fatti e situazioni che l’opinione pubblica ha il diritto di conoscere”.

Matteo Salvini è giornalista professionista.

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