di STEFANO CONTILI

Il giornalismo è sempre lui, non cambiano sostanza e il metodo. Cambiano i linguaggi e i mezzi.

Non bisogna fare gli intelligenti.

Non è necessaria una platea oceanica, meglio pochi ma buoni.

Non conta troppo arrivare prima, ma arrivare bene.

Come si deve muovere un giornalista (vecchio o giovane, poco importa) oggi, oscillando fra le nuove piattaforme? Ne parliamo con Francesco Oggiano, “giornalista digitale” fra i più noti, uno che spiega i grandi fatti del mondo usando tutti i nuovi mezzi e i metodi di sempre.

In questa folle corsa all’informazione si tende sempre a inseguire la notizia, spesso peccando di precisione e rendendo inverificabili alcuni contenuti. Però, per quanto l’evoluzione tecnologica abbia portato ad un cambio di passo, il giornalismo va solo adattato a diversi formati.

Oggiano, giornalista professionista ed esperto di giornalismo digitale, porta l’onestà della penna, la curiosità per le “belle storie” all’interno dei flussi mediatici odierni: attraverso quest’intervista racconta come tradurre i principi del mestiere nei nuovi formati digitali.

Trentanove anni, nasce in Puglia e si definisce “milanese d’adozione”. Inizia il suo percorso alla Iulm–Mediaset di Milano e diventa giornalista professionista collaborando con varie testate, tra cui il Il Sole 24 Ore, Tgcom, Repubblica.it e Vanity Fair.

Ha sviluppato 9 podcast. Ha scritto un libro “sociability”, allo scopo di “capire meglio come funzionano i social, e soprattutto come funzioniamo noi dentro i social, come cambia il nostro modo di informarci”. E coltiva il suo “spazio di scrittura preferito”, ovvero la sua newsletter “Digital Journalism”, con oltre 30.000 iscritti. Ha seguito e organizzato numerosi live, tra cui il Digital Journalism Fest (DJFEST), già dalla prima edizione nella primavera 2025.

In attesa della seconda edizione del DJFEST, con lui abbiamo cercato di scoprire come un giornalista possa lavorare utilizzando al meglio gli strumenti odierni. in otto passaggi.

1. FONDAMENTA DEL MESTIERE. Oggiano parla di “principi eterni del giornalismo”: “Rimangono non i principi vecchi ma quelli eterni. Scrittura, chiarezza d’espressione, curiosità (‘malizia’ nel senso buono). Che tu faccia un articolo o un TikTok, le regole sono le stesse.”

Il digitale -secondo lui- non ha riscritto le regole del giornalismo: ha modificato la professione obbligando gli autori a confrontarsi con tempi, linguaggi e pubblici diversi. Richiamando l’ortodossia della professione in un momento che premia la velocità sul breve termine, si ottiene l’”eterno”, ovvero un contenuto che sopravvive al supporto. L’innovazione di Oggiano, qui, è nel ritorno alle basi.

2. METODO PERSONALE.

Regola d’oro: “Fatti le domande che verrebbero a te. Non cercare di fare l’intelligente: segui le tue curiosità. Che cosa mi interessa davvero di questo fatto?”

Spostando il baricentro: dall’ansia di capire cosa funzioni online a cosa sia importante per il lettore. Oggiano identifica nella domanda, non nell’algoritmo, la sua “regola d’oro”. Attraverso la curiosità del cronista è possibile avere il primo filtro di qualità: non avendo un “perché” solido, nessun formato salverà il pezzo.

Tecnologie come amplificatori: “I valori non cambiano. Le tecnologie amplificano distorsioni: la ricerca della viralità può portare al clickbait. Ma il ‘titolo strillato’ esisteva già prima: oggi è solo più spinto.”
“Prendendo posizione contro l’intellettualismo di facciata e l’inseguimento dei trend possiamo far sopravvivere il nostro lavoro anche a quelle dinamiche che ad oggi, amplificate dalla tecnologia, possono ritorcersi contro di noi”, dice ancora.

3. CANALI E CONTENUTI

Piattaforma in base al contenuto: “Alcuni contenuti sono solo per una piattaforma. Se è una riflessione senza immagini, la metto in newsletter (più ‘addetti ai lavori’), non su Instagram (più generalista). Dalla newsletter può nascere un carousel LinkedIn o un reel IG. YouTube solo eccezionalmente.”

Oggiano parte dal presupposto che non esiste “il digitale” come un blocco unico, ma piattaforme con dinamiche e grammatiche distinte. Rivendica quindi una selezione editoriale dei canali:

-newsletter per la riflessione

-Instagram per il racconto breve e visuale

-LinkedIn per la spiegazione strutturata

Con l’uso di YouTube per contenuti che richiedono e permettono un approfondimento d’eccezione.

Ecosistema, non monolite: “Non direi ‘faccio giornalismo su una piattaforma’. È un ecosistema: newsletter, podcast, YouTube, LinkedIn (in forte ascesa)”.

Rifiutando il copia-incolla in formati diversi sulle diverse piattaforme, propone di orchestrare l’ecosistema dei formati, non di replicarlo. L’autore sceglie così il canale e la scelta è parte integrante del prodotto editoriale.

4. QUALITA’ VERSO VELOCITA

Arrivare giusti, non per primi: “Nessuno ricorda se arrivi primo, ti ricordano se sbagli… Meglio arrivare dopo ma più approfondito”.

Correre per il “primo” posto è molto costoso. In un mondo che non vede più solo i tempi liturgici della carta stampata, oggi si gareggia per pochi secondi. Demistificando questa pratica, Oggiano ricorda come il pubblico trattenga in memoria gli errori e non i secondi d’anticipo. Suggerendo contenuto qualitativamente superiore e verificato, piuttosto che bruciarsi per poche views. Ribaltando l’approccio in un periodo di iperproduzione, non rinunciamo alla notizia, ne tuteliamo il valore.

5. QUESTIONE DI FIDUCIA 

“C’è chi si fida più dei creator che dei brand editoriali… Non bisogna piacere a tutti: bisogna scegliersi il pubblico.”

La crescente sfiducia verso i grandi giornali ha portato i lettori a dare maggior fiducia ai creatori di contenuti, questo impone una scelta: inseguire costantemente tutti o parlare al proprio pubblico. Oggiano preferisce la seconda via.

Tolleranza zero per la tossicità. “In bio scrivo: “Se ti senti persona perfetta, non seguirmi”. Blocco tantissime persone. La fiducia dev’essere reciproca”.

Parlando al proprio lettore con rispetto ma definendo anche un perimetro per ridurre comportamenti tossici, Oggiano fa sua una definizione molto stretta di “community”: una platea ridotta, a favore di un pubblico che regga il confronto.

Buone maniere giornalistiche. “Titoli clickbait e toni irrispettosi… spingono l’algoritmo, ma non sono una strategia a lungo termine. Il complimento migliore è: ‘Non sono d’accordo con te, però mi piace come spieghi’”.

6. GIOVANI E VECCHI INSIEME

Evitare la frattura generazionale. “Errore separare ‘i ragazzi del sito’ dai ‘vecchi’ di carta. Mischiandoli avremmo creato una generazione pazzesca. Guardiamo all’America: newsletter, podcast, firme non giovani che fanno cose bellissime”.

Da dove iniziare? Dall’orrore di un tempo passato, la separazione delle culture. In un tempo in cui la carta da un lato e il web dall’altro furono separati nelle redazioni. Oggi sono presenti due grandi debolezze speculari: “Giovani” abili nel formato e fragili nei principi, veterani solidi nei principi e spaesati nei linguaggi.

Da dove partire. “Inizia dal social che ti è più familiare e pubblica riflessioni vere. Non usare la piattaforma come vetrina pubblicitaria ma come spazio di contenuto.”

Da dove partono i veterani? Dalle piattaforme nelle quali si trovano maggiormente a loro agio. Se hanno profili con già migliaia di follower perché non partire da lì? Soprattutto l’importante è innestare le proprie idee, con onestà, in un formato adatto.

7. IDENTITA E RISCHIO PERSONAGGIO

Uno dei rischi di queste piattaforme è la facilità con cui il lettore può mettersi in contatto con l’autore. Il rischio di diventare un personaggio divinizzato e facilmente poi sottoposto alla dura lente della critica dal basso. Per evitare che questo succeda, oltre al “grilletto facile” del “ban” (eliminazione), Oggiano marca una certa distanza tra i suoi progetti e la sua persona. Un’attività che va ben oltre il vezzo, una vera e propria strategia editoriale. Se l’autore coincide con il prodotto, la linea si piega all’ego e all’onda del giorno; se il progetto è più grande dell’autore, resta il metodo anche quando la luce si sposta.

8. SICUREZZA E’ ETICA

La modernità delle piattaforme in costante divenire non solo conferisce nuovi strumenti agli autori, ma li espone a rischi antichi in nuovi formati: furto d’identità, account sequestrati, manomissioni, esfiltrazioni di fonti. Comunicando a voce alta, si è un bersaglio più visibile ed è per questo che la sicurezza non è un dettaglio tecnico: è parte dell’etica professionale.

Tradotto in pratica, significa usare tutti gli strumenti che le piattaforme mettono a disposizione. L’autenticazione a due fattori con app o chiave fisica, gli avvisi di accesso sospetto, la revisione periodica dei dispositivi collegati e la chiusura delle sessioni aperte. La separazione netta tra profilo personale e profilo di lavoro; ruoli e permessi granulari per redazioni e pagine (differenziati per funzioni e responsabilità), così da poter revocare l’accesso a collaboratori e terzi senza bloccare l’intera macchina.

Dall’unione tra i principi, prudenza e metodo emerge come sia possibile rimanere in linea con i principi fondamentali del giornalismo, cambiando solo i mezzi per raccontarlo.

(nella foto, Francesco Oggiano)

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