“Si sente dire continuamente: ‘Sì, ma sotto quell’ospedale c’era Hamas. La risposta che viene da dare: se in questa sala oggi ci fosse qualcuno di Hamas, io per esempio come dite voi, e ci facessero fuori tutti vi sembrerebbe una cosa normale? Una cosa accettabile? Domando. Domando. Domando. Se vi sembrerebbe una cosa accettabile, vorrei sapere”. Parte finale dell’intervento -sei minuti e mezzo- di Andrea Malaguti, Direttore de La Stampa,al convegno del 12 ottobre al Cnel su “Storia stravolta e futuro da costruire”, organizzato dall’Unione delle comunità ebraiche. Sottotitolo “La guerra raccontata dai media. La propaganda delle parole tra disinformazione e fake news”. A un certo punto, Malaguti ha riscontrato che il convegno era molto orientato sulla tesi dell’ostilità dei media nei confronti di Israele e ha fatto un discorso che ha cercato d’essere ragionevole. Non a favore dei palestinesi, un discorso in difesa della dignità del giornalismo. Che ha tanti difetti, ma anche un ruolo decisivo, in democrazia.

Un discorso su cui riflettere, in un ‘epoca dove sembra che l’unica modalità sia lo schieramento netto.

Ecco i brani salienti: 

BANCO DEGLI IMPUTATI. “Improvvisamente ho scoperto che siamo sul banco degli imputati, ho scoperto qui di essere, nell’ordine, un simpatizzante di Hamas, di essere antisemita, di essere andato con la flottiglia a Gaza… Tra l’altro trovo simpatico il fatto che non c’è stato un vociare fino a un secondo fa e adesso io provo a dire una cosa ed è immediatamente complicato”. 

SERISSIME PERSONE. “Mi ero preparato un discorso equilibrato, ma non ce l’ho fatta. Francamente mi sembra che ci dovrebbe essere un limite all’autodafé, quando sento parlare del fatto che ci dovremmo vergognare. Volevo stare calmo e non ci sono riuscito, un po’ dispiace, però devo dire è una cosa che veramente mi sconvolge: “Vergogna vergogna!”. Ma io non mi vergogno affatto. quotidianamente noi abbiamo mandato colleghi che rischiano la pelle, ce li abbiamo in Ucraina, ce li abbiamo a Gerusalemme, ce li abbiamo a Tel Aviv e ce li abbiamo in Egitto, ce li abbiamo negli Stati Uniti, dappertutto, gente serissima, perbene, onesta. Io non ho voglia di consentire a nessuno di spiegarci che le persone che mandiamo in giro sono ideologicamente indirizzate. Tra l’altro, basterebbe guardare la proprietà del mio giornale per capire la boiata gigantesca che presume un’affermazione di questo genere”. 

BANDA DI TAGLIAGOLE. “Dico in premessa, ma è ovvio, che Hamas è una banda di tagliagole. Mi piacerebbe che ci fosse un momento in cui si definisce qual è questa benedetta linea dei valori occidentali, momento in cui -stabilito che al mondo c’è della gente che fa vomitare- anche noi ci dobbiamo prendere delle responsabilità per gli orrori che commettiamo. E perché dobbiamo sempre mettere in relazione le due cose, perché essendoci stato un orrore enorme, gigantesco, di Hamas, non è corretto, possibile parlare dell’orrore successo nei mesi successivi”. 

CEMENTO IN FACCIA. “Il governo italiano ha avuto una serie di meriti in questi due anni, fra i quali di portare qua decine decine e decine di ragazzini palestinesi. Mi è capitato di andare in diversi ospedali a vedere questi ragazzini. Ma mi devo sentire un antisemita perché ho conosciuto Hassad, un ragazzino di 8 anni, che gli è esplosa la casa addosso, ha perso un braccio, ha perso una gamba, gli si è stampato sulla faccia il cemento della casa che esplodeva e per i prossimi 20 anni passerà le giornate con qualcuno che cercherà di tirargli via il cemento dalla faccia? Dire che questa roba qua è una vergogna vuol dire essere antisemita? David Grossmann è antisemita? Vogliamo parlare di questo quando parliamo di valori occidentali? Cosa sono i valori occidentali?”. 

LINGUAGGIO D’ODIO. “Tra l’altro, ho scoperto che sono diventato un comunista. Io non solo non ho mai votato comunista in vita mia, ma se c’è una cosa che considero lontana da me è il comunismo, ma viviamo in anni in cui tutti diventiamo comunisti perché non ci piace una cosa. Certo abbiamo colpe, chi non ha colpe, tutti abbiamo colpe. Quando poi arriva un’informazione pubblicitaria che dice che tutti noi indistintamente fomentiamo l’odio… Non so quante delle parole pronunciate oggi da chi ha accusato la stampa di essere il contrario di quello che è possano rientrare nel linguaggio d’odio e quante no”.

CIO’ CHE CI PIACE. “Io assicuro che farò una riflessione personale molto profonda su quanto noi stiamo facendo, ma procurerò anche di mandavi migliaia di pagine che abbiamo scritto su quello che è successo a Gaza e in Ucraina, vi manderò il reportage che è uscito tre giorni fa di Francesca Paci dal Nova Festival, in cui ricostruiva metro per metro quello che è successo il 7 ottobre e il giorno dopo col camionista che è andato a salvare 5-600 ragazzi. In realtà quando si parla di informazione bisognerebbe avere il coraggio di prenderla per intero, non a blocchi, non a pezzi, non solo ciò che ci piace e non ciò che non ci piace. Bisognerebbe dare per dato che anche altre persone sono esseri umani, hanno una visione del mondo. Nella mia testa il primo valore occidentale era che se ci sono due persone e una è un assassino e uno è un innocente il mio problema è salvare l’innocente”.

COS’E’ L’UNANIMITA’. “Fino a prima di questo intervento c’era l’unanimità. Io dico una cosa: l’unanimità è il contrario della democrazia, è il contrario dell’intelligenza, è il contrario del confronto, è il contrario della capacità di andare avanti”.

Durante questo stesso convegno la ministra della Famiglia e delle Pari opportunità Eugenia Roccella ha detto: “Tutte le gite scolastiche ad Auschwitz sono servite, secondo me, a dirci che l’antisemitismo era qualcosa che riguardava un tempo ormai collocato nella storia, in un passato storico e in una precisa area: il fascismo”. E Incoronata Boccia, Capo ufficio stampa Rai, ha detto: “Non esiste una sola prova che l’esercito israeliano abbia mitragliato civili inermi. Vergogna per il suicidio del giornalismo che si è piegato alla propaganda dei set di Hamas”.

Altri intervenuti: Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, Noemi Di Segni, Presidente Unione Comunità Ebraiche Italiane, Jonathan Peled, Ambasciatore di Israele in Italia e San Marino, Uriya Shavit, Direttore Centro Studio Ebraismo Europeo Contemporaneo e Istituto Irwin Cotler per la Democrazia, i Diritti Umani e la Giustizia, presso l’Università di Tel Aviv, Emanuele Fiano, Presidente Sinistra per Israele, Ernesto Galli della Loggia, storico e professore di Storia dei Partiti dell’Università di Siena, Pierluigi Battista, giornalista e scrittore, Riccardo Shemuel Di Segni, Rabbino Capo Comunità Ebraica di Roma, Stefano Parisi, Presidente Setteottobre, Sergio Della Pergola, professore ordinario emerito di demografia all’Università Ebraica di Gerusalemme, Maurizio Molinari (la Repubblica) Giuliano Ferrara (Il Foglio), Claudio Velardi (Il Riformista), Maurizio Caprara (Corriere della Sera), Stefano Cappellini (la Repubblica), Mario Sechi (Libero), Paolo Liguori (Mediaset), Giuseppe De Bellis (SKY), Franco Bechis (Open), Marco Ferrando (Avvenire) Alessandro Barbano (Altra Voce), Tommaso Cerno (Il Tempo), David Parenzo (La7).

(nella foto, Andrea Malaguti, Direttore de La Stampa)

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