(A.G.) Perché i giornali vendono sempre meno? Perché si staccano sempre più dai problemi delle persone comuni.
Esempio. Nell’ultima settimana di luglio molti organi di stampa hanno riportato, con grandi titoli, nelle pagine di Economia, la performance di Poste italiane: 1,170 miliardi di utile netto nel primo semestre 2025, migliori risultati della quotazione in borsa dal 2015. Protagonisti di questi numeri, il commercio elettronico (150 milioni di pacchi consegnati in sei mesi, pagamenti digitali (PostePay usata da 900mila clienti, attività finanziarie investite a quota 600 miliardi. Poste prima azionista di Tim con il 24,81%. Sullo sfondo, l’intenzione del management di Poste di spostare i servizi assicurativi sotto Bancoposta e addirittura la trasformazione di Bancoposta in un istituto bancario a tutto tondo, con grande preoccupazione di tutti gli altri istituti bancari, vista la sua capillarità.
azienda che funziona
Benissimo, una grande azienda a controllo pubblico (in maggioranza ministero Economia e Cassa depositi e prestiti) che funziona. Ma il compito dei media, in una democrazia, dovrebbe essere sempre andare a controllare cosa c’è dietro le notizie. A favore della gran parte dei cittadini, non solo degli azionisti delle aziende. Quindi, a fronte di successi così raccontati, in una redazione ci si dovrebbe domandare: che succede ogni giorno negli uffici postali?
Basterebbe visitarne alcuni, a campione, in una città come Roma: in questo luglio 2025 il giorno 17 (quindi con un inizio di vacanze già avviato) ufficio di via Maurizio Quadrio, zona Monteverde, ore 12, tre sportelli aperti (su sei), attesa per una raccomandata 40 minuti; giorno 21, ufficio di via Massaciuccoli, quartiere africano, a metà mattinata c’erano due sportelli aperti (su sei) e la fila prevedeva dodici persone davanti (media di attesa, secondo le pratiche da sbrigare, fra 45 minuti e un’ora e mezza). Gli sportelli senza impiegato non dipendono dalle ferie, poiché il problema che si trascina da tempo. Qualche mese fa i sei sportelli esistevano in quanto erano tutti presidiati per rispondere al pubblico.
poveri e anziani
Dopo la verifica, il giornale potrebbe chiedersi se, con tutto quel ben di Dio di guadagni, Poste italiane non potrebbe limitare le riduzioni di personale e garantire comunque un servizio più efficiente alla popolazione. Si dirà che ormai vanno in ufficio postale solo i più anziani (intimiditi da banking online) e i meno abbienti. Ma un problema del momento che i giornali dovrebbero tutelare (fra tante altre cose) è proprio questo: la società va avanti, correndo, ma non è giusto che lasci indietro chi arranca un po’. La finanza e la digitalizzazione è giusta, ma non a scapito del servizio tradizionale. Cgil e Uil stanno promuovendo una serie di scioperi e agitazioni proprio sulle condizioni di lavoro.
Perché i cittadini dovrebbero acquistare (magari sul web) una copia per leggere -in fila alle Poste per lungo tempo- solo dei trionfi degli amministratori di Poste?





L’incipit di questo articolo è da incorniciare ed esibire all’ingresso di tutte le scuole e scuolette di giornalismo del Reame!
Occorre anche essere realistici: i servizi postali sono anti economici, a maggior ragione
per un’azienda quotata in Borsa e in cui milioni di persone hanno investito per vedere il.loro.capitale.protetto (e auspicabilmente in crescita) nel tempo.
Lo dimostra anche la recente.vendita a privati di Royal Mail.
In molte località hanno persino chiuso le cassette postali, e ho passato.jntere giornate a cercare.francobolli presso i tabaccai (pure chiamati a fornire un presidio pubblico sul territorio…) senza riuscirci.
È l’evoluzione digitale purtroppo
Già l’operazione su Tim poi avrebbe brn potuto pdestare più di un punto interrogativo…
La scelta.di focalizzarsi sul.servizio pubblico postale (ormai Poste è una società finanziaria).avrebbe.dovuto essere.stata fatta a monte, prima della quotazione.