“Israele trasforma i centri di aiuto a Gaza in trappole di morte. Le uccisioni devono fermarsi”. Titolo di Haaretz, quotidiano che si stampa a Tel Aviv, 29 giugno 2025.
Israele non permette l’ingresso di giornalisti di tutto il mondo nella Striscia di Gaza (a meno che non siano accompagnati da un unità dell’esercito israeliano), l’esercito di Israele ha colpito e ucciso oltre 200 giornalisti palestinesi. Eppure, in un angolo della sua società, mantiene un elemento chiave della democrazia: la stampa che può criticare il governo del Paese. Questo elemento -resistente finora agli attacchi- è Haaretz.
L’inchiesta di Haaretz sugli aiuti a Gaza denuncia la morte di civili palestinesi in fila quotidiana per il pane dall’inizio delle attività della Gaza Humanitarian Foundation, unica autorizzata da Israele a distribuire beni di prima necessità nella Striscia, con l’espulsione delle strutture delle Nazioni Unite. Haaretz denuncia casi specifici, concentrandosi in  particolare sull’attività della Divisione 252, sotto gli ordini del generale di brigata Yehuda Wach, classe 1979, nato e cresciuto a Kyriat Arba (Hebron), uno degli insediamenti più antichi, problematici e a maggiore valore simbolico di tutta la Cisgiordania.

aspetti militari

Negli mesi dell’invasione israeliana della Striscia di Gaza, i media israeliani parlano costantemente della guerra, ma mostrano soprattutto gli aspetti militari contro i “terroristi”.

Haaretz, storico giornale della sinistra israeliana, il più antico quotidiano del paese, è un’eccezione rilevante, racconta gli effetti della guerra, le sofferenze dei civili e le azioni gravi dell’esercito israeliano. ha detto a la Repubblica il 29 giugno Aluf Benn, il Direttore: “Gli organi di stampa israeliani, in media, non raccontano ciò che accade a Gaza. Raccontano la crescita dell’antisemitismo nel mondo senza inquadrarla nella fotografia più grande: così la gente non capisce”.

La situazione di Haaretz è stata raccontata da un ampio servizio de Il Post. Il 24 novembre 2024 il governo israeliano ha annunciato che eliminerà completamente tutta la pubblicità pubblica dal giornale e che cancellerà gli abbonamenti a Haaretz forniti ai dipendenti pubblici. La ragione, secondo il governo, sarebbe una dichiarazione dell’editore di Haaretz, Amos Schocken, che durante un evento a Londra aveva parlato dei palestinesi che vivono sotto l’occupazione israeliana in Cisgiordania come di “combattenti per la libertà”. Nel dibattito pubblico israeliano si è cominciato a dire che l’editore di Haaretz aveva definito “combattenti per la libertà” i miliziani di Hamas.

contro l’occupazione

Haaretz, che in ebraico significa “il paese”, fu fondato nel 1918, 30 anni prima della fondazione dello stesso stato di Israele. Ha sempre avuto posizioni molto combattive nei confronti delle politiche dello stato israeliano e contrarie all’occupazione dei territori palestinesi. Con l’ascesa al potere del primo ministro Netanyahu, che ha governato Israele per buona parte degli ultimi 15 anni, è diventato il quotidiano di riferimento dell’opposizione progressista.

Il panorama dei quotidiani israeliano è dominato da due grandi tabloid – Yedioth Ahronoth e Israel Hayom, il primo centrista e il secondo populista di destra, molto vicino a Netanyahu, e distribuito gratuitamente – che hanno ciascuno più del 25 per cento delle quote di mercato. Haaretz è il terzo quotidiano più letto, ma molto distaccato: ha poco più del 5 per cento del mercato (le vendite sono nell’ordine di qualche decina di migliaia di copie).

edizione inglese

“Per quanto mantenga la sua autorevolezza anche presso la classe dirigente, per lo meno fino all’inizio della guerra, in Israele ormai la circolazione di Haaretz è molto marginale e per certi versi è quasi più importante il ruolo dell’edizione in inglese”, dice al Post Davide Lerner, ricercatore al Reuters Institute di Oxford.

In Israele -scrive Il Post- che si ritiene uno stato in guerra, è attiva la censura militare, che ha la facoltà legale di impedire la pubblicazione di notizie che potrebbero danneggiare la sicurezza nazionale. I giornali sono tenuti a sottoporre alla censura prima della pubblicazione gli articoli che riguardano l’esercito, per esempio, e sono obbligati a rispettare eventuali divieti di pubblicazione (che riguardano però solo la sicurezza: la censura militare non vieta articoli che parlano male dei soldati).

Lo stato israeliano, poi, fa un ampio uso di ordinanze restrittive (“gag order”, in inglese) emesse dalla magistratura per impedire la pubblicazione di notizie che potrebbero mettere in difficoltà o in imbarazzo le forze di sicurezza e le forze armate.

attorno alla bandiera

L’attacco del 7 ottobre 2023 è stato un trauma per tutta la società israeliana, che si è sentita nel suo complesso minacciata. I media, così come buona parte degli israeliani, hanno risposto con una reazione che in gergo inglese viene definita “rally around the flag”, cioè “stringersi attorno alla bandiera”.

In questi mesi di guerra Haaretz ha pubblicato quotidianamente articoli sulle condizioni umanitarie della popolazione di Gaza, e numerosi reportage sulle azioni di di guerra contro l’umanità dell’esercito israeliano. Ha raccontato come l’esercito utilizzi i palestinesi come “scudi umani”, ha raccontato dell’aumento degli abusi sui palestinesi in Cisgiordania e ha descritto il modo indiscriminato in cui Israele ha condotto la guerra, soltanto per fare alcuni esempi.

opinione pubblica

I suoi giornalisti, inoltre, sono stati tra i primi a criticare l’atteggiamento nazionalista degli altri media. Gideon Levy, uno dei più famosi opinionisti di Haaretz, ha scritto nel suo ultimo libro che l’omissione della sofferenza del popolo palestinese è cominciata molto prima della guerra:

“Senza l’occultamento sistematico, durato per decenni, e la deumanizzazione palestinesi, forse l’opinione pubblica israeliana si sarebbe opposta più decisamente a quello che sta succedendo. Ma se non dici niente, se non mostri niente, se non sai niente e non hai nessun desiderio di sapere, se i palestinesi non sono davvero umani – non come noi, gli israeliani – allora il crimine commesso contro di loro è più sopportabile, può essere tollerato. Il 7 ottobre ha portato tutto questo a nuove vette. I media israeliani non hanno mostrato quasi niente di quello che stava avvenendo a Gaza, e gli israeliani hanno visto soltanto la propria sofferenza, ancora e ancora, come se fosse l’unica sofferenza esistente. Quando a Gaza ci sono state più di 25 mila persone uccise in meno di quattro mesi, in maggioranza civili innocenti, in Israele non c’è stato nessuno shock”.

Haaretz è di proprietà per il 60% della Famiglia Schocken, per il 20% di M. DuMont Schauberg e per il 20% di Leonid Nevzlin.

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