Una tempestosa giornata sindacale si è conclusa a la Repubblica con le dimissioni dal Comitato di redazione di Matteo Pucciarelli, che assieme ad altri colleghi ha guidato negli ultimi anni numerose battaglie per il rispetto delle regole, contro le intrusioni della pubblicità e del marketing. Battaglie che hanno portato fra l’altro all’uscita del Direttore Maurizio Molinari. Dopo le dimissioni di Pucciarelli si sono dimessi anche tutti gli altri rappresentanti sindacali.
Stavolta il motivo del contendere è un documento proposto dal Cdr che chiede iniziative sui crimini che stanno avvenendo a Gaza. Un appello al Direttore Orfeo e a tutti i giornalisti italiani. Lunga è stata, nel pomeriggio del 27 maggio, la discussione sul documento, prima di arrivare a un testo largamente condiviso. Alle 18 si sono concluse le votazioni del documento e si è avviato lo spoglio. Ma intanto, in redazione, su sollecitazione anche di uno dei Vicedirettori, è cominciato un movimento per riaprire l’assemblea e modificare il documento. Alle 20 ancora non venivano comunicati i risultati dello spoglio e Pucciarelli ha deciso di dimettersi, convinto che se un’assemblea ha deciso e ha votato, non si debba e non si possa riaprire, in base alle regole elementari della democrazia. Solo poco dopo le 22 la commissione elettorale ha comunicato i risultati dello spoglio (ci sono volute 4 ore): 132 a favore del documento, 3 contrari, 18 astenuti.
processi di partecipazione
“Oggi è avvenuto un fatto gravissimo che mette in discussione l’esistenza stessa di un sindacato all’interno di questo giornale -ha scritto Pucciarelli per spiegare la sua decisione di lasciare il Cdr- Ad assemblea conclusa, assemblea dove questo Cdr ha presentato un documento su Gaza, poi emendato con la massima disponibilità in alcuni punti su richiesta dei colleghi, si è riaperto il dibattito nei corridoi romani e nelle chat dei delegati sindacali. Un dibattito riaperto in separata sede in primis da pezzi di direzione e da alcuni capiredattori. La richiesta era di riconvocare un’assemblea regolarmente conclusa e con una votazione in corso per cambiare ulteriormente il testo. Penso che i processi di partecipazione siano sacri, inviolabili: l’assemblea è il luogo sovrano dove tutte e tutti sono invitati (non obbligati) a partecipare. Oggi ho scoperto che non è più così. C’è chi preferisce sovvertire il processo, facendo leva sul proprio ruolo. Lo trovo irrispettoso verso chi alle assemblee partecipa, verso chi nelle assemblee si espone esprimendo liberamente il proprio parere, verso i membri del Comitato di redazione”.
cooperazione militare
Il testo elaborato in assemblea, poi messo in votazione e approvato “di fronte alla tragedia in corso a Gaza e alle violenze in Cisgiordania nei confronti della popolazione palestinese, l’assemblea delle giornaliste e dei giornalisti di Repubblica, in linea con le iniziative del sindacato unitario Fnsi e dell’Ordine dei giornalisti, e così anche di realtà giornalistiche europee”, chiede:
che i media stranieri possano entrare liberamente nella Striscia, per poter documentare ciò che sta avvenendo e tutelare il lavoro delle colleghe e dei colleghi palestinesi, appello che rivolgiamo anche al presidente della Repubblica;
che il sinora silente governo italiano agisca, senza titubanze, affinché il diritto internazionale venga rispettato, affinché si fermino i bombardamenti ed entrino gli aiuti senza ostacoli. E che utilizzi, per fare questo, tutte le forme di pressione possibili sul governo di Israele, compreso il non rinnovo di accordi sulla cooperazione militare del nostro Paese con Tel Aviv e il riconoscimento dello Stato di Palestina, nell’ottica della soluzione dei due popoli e due Stati;
che la politica, il mondo del lavoro, l’associazionismo, continuino e possano ampliare una mobilitazione unitaria per la pace e la giustizia in Medioriente.
nuove proteste
Il documento “deplora non solo l’uccisione di migliaia di civili innocenti, donne e bambini, colpiti da bombe o da cecchini, non solo la crudele condanna ad una morte di stenti per un’intera popolazione privata di cibo e acqua, ma anche la deliberata targettizzazione dei cronisti palestinesi da parte dell’esercito israeliano: sono oltre 200 i professionisti dell’informazione che hanno perso la loro vita, un sacrificio che onora i più alti principi della libertà di stampa, fulcro delle democrazie”. E si deplora, “d’altra parte, il crescente antisemitismo”.
Quindi, “le giornaliste e i giornalisti di Repubblica propongono uno sforzo ulteriore, alla direzione del quotidiano e alla categoria tutta, per sensibilizzare l’opinione pubblica sui crimini che stiamo raccontando con sempre maggiore sgomento, attraverso nuove forme di protesta, partecipazione, inchiesta, sostegno economico ai cronisti palestinesi. Non è mai stato tempo di minimizzare, giustificare o sposare le ragioni delle propagande contrapposte. Repubblica è e resta dalla parte delle vittime dei conflitti, comprese e non ultime quelle del 7 ottobre e gli ostaggi ancora in mano ad Hamas. Questo è il momento di alzare la voce, collettivamente, utilizzando ogni strumento a nostra disposizione”.
Professione Reporter
(nella foto, Mario Orfeo)
Meglio tardi che mai. I giornalisti hanno atteso troppo per prendere posizione, per motivi molto meno importanti ed a volte futili hanno fatto un chiasso esagerato quando si toccava in Italia uno di loro, ma per i loro colleghi palestinesi uccisi sistematicamente dal governo terrorista e razzista di Israele non hanno mosso un dito fino ad ora se non pochissimi di loro.