di VITTORIO ROIDI

Sono stati bravi i colleghi del Corriere della Sera. Come già altre volte in passato, hanno dato alla categoria un segnale forte, hanno indicato una linea. La pubblicità resti tale, non straripi, non si confonda con le notizie del quotidiano. I giornalisti la devono tenere lontana con un impegno preso da ciascuno personalmente, senza neppure che intervenga un’autorità superiore. Il documento dedicato alla pubblicità, che contiene 10 regole e che è stato approvato all’unanimità dall’assemblea dei redattori, dimostra che al Corriere vogliono “tirare il gruppo” della categoria e che intendono farlo proprio su questo terreno: che pubblicità e notizie restino ben separate, guai se qualcuno le mischia. Già un anno e mezzo fa la redazione de la Repubblica aveva preso un’iniziativa similare.

moto d’orgoglio

Professione Reporter aveva avuto segnali precisi in questa direzione. Alcuni ricorderanno l’intervista (uscì l’11 febbraio) in cui Ferruccio de Bortoli aveva messo la pubblicità fra i temi che la categoria doveva affrontare e aveva proposto di firmare una “Carta del giornalista”, in cui giurare il rispetto delle regole e dei compiti di ciascuno. Un’idea dietro la quale si scorgeva la preoccupazione di una redazione intera. In quei giorni noi segnalammo a de Bortoli che ci sarebbero state presto le elezioni all’Ordine dei giornalisti e che da lì forse sarebbero arrivate spinte nuove. Era giusto aspettare. Adesso, che all’Ordine si è votato, evidentemente al Corriere non hanno visto cambiamenti. Dunque ci vuole un moto d’orgoglio – si sono detti i redattori del più diffuso quotidiano italiano – e sono partiti lancia in resta. 

si può fermare?

Una sconfitta per l’Ordine? Non è il momento di discutere delle capacità del nostro organismo rappresentativo. La domanda è: si può fermare la pubblicità? Considerato che le norme in vigore non appaiono efficaci, i giornalisti del Corriere hanno deciso di occuparsene e lo hanno fatto senza che nessuno li coinvolgesse in particolari iniziative (che non ci sono state).
Il Testo unico sui doveri dei giornalisti, scritto nel 1988 e più volte ritoccato (ora si chiama Codice deontologico), afferma all’articolo 22 che la/il giornalista:

  1. a) assicura ai cittadini il diritto di ricevere un’informazione sempre distinta dal messaggio pubblicitario attraverso chiare indicazioni;
  2. b) non presta il nome, la voce, l’immagine per iniziative pubblicitarie o per promuovere marchi e prodotti commerciali.  Sono consentite, a titolo gratuito e previa comunicazione scritta all’Ordine regionale di appartenenza, analoghe prestazioni per iniziative volte a fini sociali e umanitari;
  3. c) cita marchi e società commerciali soltanto qualora siano indispensabili alla completezza dell’informazione o costituiscano essi stessi motivo di notizia;
  4. d) non inserisce collegamenti pubblicitari o altri riferimenti promozionali all’interno di contenuti informativi online.

quale foto

Nella pratica invece la pubblicità invade tutto e si ha spesso la sensazione che il giornalismo sia mischiato con altri interessi. E di conseguenza non dica fino in fondo la verità. Accuse eccessive perché di solito chi scrive una notizia o la racconta ad un microfono non conosce quale foto, riquadro o strillo verrà pubblicato accanto al proprio articolo. E’ l’impaginazione che spesso crea confusione, per scelte dell’editore, però il fenomeno è reale e impressiona.

L’Ordine può punire chi viola la norma dell’articolo 22, anche infliggergli una censura o una sospensione. In passato fece rumore quando una nota collega venne sanzionata per aver portato in tv orecchini di cui erano noti il nome e la ditta. Ma sono provvedimenti abbastanza rari. I nuovi dirigenti dovrebbero mettersi a studiare fino a che punto la pubblicità influisce su vecchi e nuovi veicoli di notizie ed è trasmessa in forme spesso esplosive, altre volte banali, oppure sottili e ingegnose. 

tennis e acqua minerale

Il rischio di condizionamento è frequentissimo. Un esempio. Durante i campionati di tennis al Foro italico, tutti i pomeriggi una tv proponeva racconti e commenti che partivano da uno studiolo tv: conduceva, seduta a un tavolo, una giornalista che accanto, poggiate su un piccolo trespolo, aveva due bottiglie di acqua minerale, bene in vista, con il nome della ditta scritto grande e grosso. Lo spettatore non poteva non farci caso. E li vedeva insieme. La collega probabilmente non ci aveva neppure pensato, ma l’Ordine potrebbe aprire un procedimento disciplinare perché è ovvio che quel volto noto e simpatico “aiutava” il commercio di quella marca di acqua, cosa che ai giornalisti è proibito fare. Gli Ordini regionali non sono ancora riusciti a far capire alle aziende che per incassare altri euro grazie alla pubblicità non possono incastrare giornalisti ineccepibili, seri e credibili, che rischiano pure di subire una sospensione dal servizio.

sedili e pneumatici

L’industria dell’informazione sta cambiando e occorre adeguare le regole. Altro esempio. Alcuni famosi settimanali offrono al lettore supplementi gratuiti – anche di 50-60 pagine – interamente pagati da ditte che sfornano servizi fotografici, patinati, stupendi. C’è però da osservare che qua e là spuntano le firme di giornalisti, anche fra i più apprezzati. Questi colleghi non hanno probabilmente alcun legame con quei prodotti sfavillanti, però sembrano gli attori di operazioni commerciali poco chiare, alle quali i professionisti non si dovrebbero prestare.

Al tempo d’oggi, con la grafica attuale, si potrebbero fare anche altri ragionamenti. Quando si leggono certe articolesse per l’uscita di un romanzo, pagine intere con intervista, immagini e presentazione a mille, neanche avesse già vinto il Nobel. Un dubbio viene: una pubblicità così tutta sparata (e non pagata) appare eccessiva. Quali sono i criteri? Oppure quando compare un nuovo modello di automobile (anche straniera) di cui il collega specialista decanta i pneumatici, i sedili morbidi, gli specchietti, le sospensioni a prova di fossato. Magari l’autore sulla vettura non ci è mai salito, ma il pezzo somiglia un po’ troppo a quello scritto da un ufficio stampa.

regali di natale

La libertà di stampa è totale e appartiene a tutti, articoli grandi o piccoli, e così la possibilità di scriverli in forme e misure anche “maestose”, smisurate, con le quali raccontare l’uscita di questi nuovi prodotti. Il lettore poi valuterà come crederà. E’ probabile che il commerciante ne ricavi un buon incasso. Titolo e articolo non autorizzano il lettore a pensare che il giornalista ci abbia guadagnato qualche euro, né che a Natale abbia ricevuto un regalo dall’editore. Ma è proprio costui che deve evitare che il lettore scambi per articolo un pezzo pubblicitario. Deve capire che la credibilità dei giornalisti è indispensabile se si vuole che da questa attività dipendano gli incassi, lo sviluppo dell’industria e un requisito della democrazia.

Ora tutti quanti osserveremo come i giornalisti del Corriere riusciranno a tenere a bada la pubblicità, rispettando il decalogo che hanno votato. E impareremo alcune cose: la prima è che bisogna stare attenti, perché c’è l’aspetto commerciale nel giornalismo ma le tecniche del mercato non possono prevalere, altrimenti lo distruggeranno.

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