Talvolta i giornali parlano di donne e talvolta anche di donne in Paesi lontani. Greta Privitera sul Corriere della Sera ha intervistato la mamma di Mahsa, morta in seguito alle percosse della polizia morale iraniana per una ciocca di capelli uscita dal velo. Mozhgan Eftekhari era poco più che una ragazzina quando rimase incinta di Mahsa. Racconta la parabola breve della figlia, lo fa dopo tante incertezze e paure per possibili ritorsioni verso la sua famiglia, ma ha deciso così perché il ricordo è l’unica cosa che le consente di andare avanti. Mahsa non faceva politica, portava il velo sempre, per scelta. Voleva fare il medico per aiutare gli altri. Muore il 16 settembre del 2022, dopo tre giorni di coma. In suo nome scendono in piazza migliaia di ragazze che danno forma alla più grande rivolta che l’Iran ricordi, “Donna vita, libertà”. La foto di suo padre e sua madre che si abbracciano disperati nella corsia di ospedale costa il carcere alla giornalista che l’ha scattata.
Sul Sole 24 ore Roberto Bongiorni parla delle partigiane ucraine nelle zone occupate dai russi che usano l’arte come arma: Mavka è una delle tre fondatrici del movimento di resistenza femminile Zla Mavka, oggi composto da circa 300 attiviste sparse nei territori occupati dalle forze russe. Questa donna, che prima della guerra faceva l’artista, ricorda bene l’8 marzo del 2023. Quando i soldati russi, nella piazza di Melitopol, con le uniformi impeccabili ed in mano ciascuno un mazzo di fiori, cercarono di omaggiare le donne ucraine, un gesto conciliatorio. Sortirono l’effetto opposto: “Volevamo ricordare che non sono a casa loro. Che questa è l’Ucraina e non sono i benvenuti”. Pochi giorni dopo quel plateale rifiuto, cominciò a circolare un poster. Raffigurava una donna avvenente, con i capelli sciolti, che colpiva un soldato russo con un mazzo di fiori. “Non voglio fiori, voglio indietro la mia Ucraina!”, recitava lo slogan. Nell’immaginario popolare le Mavki sono fate dei boschi, ninfe tanto belle quanto pericolose. Seducono l’uomo con il loro sguardo e lo uccidono. Le attiviste ucraine, però, non usano violenza. La loro arma è l’ironia.
Su Avvenire un ampio servizio di Francesca Ghirardelli sulla condizione delle donne afghane. Secondo uno studio dell’Acaps di Ginevra, no profit che si occupa di analisi umanitarie, le donne sono protagoniste di uno sforzo titanico per sopravvivere e per farlo hanno moltiplicato piccole attività autonome. Le imprese femminili, registrate dall’Afghanistan Women’s Chamber of Commerce, sono quadruplicate, passando da 2.421 del 2021 al 9.162 del 2024. Si tratta di sartorie, tessiture, ricami, produzione casearia, sapone e spezie. Pur tra forti restrizioni, i taleban sembrano favorevoli all’imprenditoria femminile, tanto che sono stati aumentati i fondi per la formazione professionale. Ma le donne che lavorano regolarmente restano pochissime: 20 per cento nel 2021, 7 per cento nel 2024. E il 75 per cento degli afghani soffre la fame. Per Unama, missione di assistenza Onu in Afghanistan, si intensificano, comunque, le restrizioni dei diritti delle donne. Tra gennaio e marzo più di 180 persone, tra cui donne e ragazze, sono state frustate in pubblico. Poi c’è la piaga dei matrimoni forzati che in alcune aree sono aumentati del 60 per cento come esito della povertà estrema. Munisa 38 anni, 4 figli e un marito violento e tossicodipendente rinchiuso più volte, sommersa dai debiti e senza cibo, aveva deciso di dare in sposa la figlia maggiore, Deeba, dodicenne, per sopravvivere. Una ong italiana, Nove Caring Humans che ha attivato Feda (fondo emergenza donne afghane), ha preso in carico la famiglia, saldato il debito e salvato Deeba.
Queste storie sono riportate sulla Rassegna sui generis (curata da GiULiA Giornaliste), che si occupa di come i media parlano di donne. Prendono in esame le principali testate italiane. Nella settimana dal 7 al 17 maggio le firme in prima pagina sono state di 1010 uomini e 329 donne. Editoriali e commenti: 200 uomini e 41 donne. Interviste: a 350 uomini e 77 donne.
PAPA NUOVO. Su Domani la sociologa delle religioni Paola Lazzarini analizza il futuro delle donne nella Chiesa di Papa Leone XIV. Il papato di Francesco ha aperto una crepa nel muro antico del ruolo delle donne che ha lasciato intravedere le possibilità, ma è rimasto in piedi. Un esempio: la commissione per studiare la presenza delle donne diacono nella Chiesa, dopo 4 anni chiusa senza risultato. Un passo storico è stato il diritto di voto delle donne nel Sinodo. L’elezione di donne in ruoli importanti in Vaticano è servita a Francesco per riformare, poco, la curia romana. La prospettiva di Leone sembra ricalcare quella del suo predecessore: donne coinvolte in ruoli apicali sì, ma non ordinate. Le speranze nel nuovo Papa comunque ci sono: è piuttosto giovane, ha vissuto nella Chicago della Women’s Liberation Union.
ATTORE MOLESTO. Su tutti i quotidiani largo spazio e richiami in prima, per la condanna a 18 mesi di carcere (con sospensione della pena) per Gerard Depardieu per molestie sessuali nei confronti di una regista e una scenografa.
L’attore si è dichiarato innocente, ma contro di lui hanno parlato molte testimoni. Oltre alla condanna e all’ineleggibilità, Depardieu è stato iscritto nel Fichet judiciaire, il registro degli autori di azioni violente e reati sessuali. Questo per consentire un maggiore controllo preventivo sui suoi comportamenti. Il Fatto sottolinea che “il tribunale ha riconosciuto il principio di vittimizzazione secondaria per sanzionare i maltrattamenti subiti dalle due vittime in aula trattate da isteriche bugiarde, e piagnucolone da parte dell’avvocato della difesa, condannando l’attore al pagamento dei danni morali. I giudici hanno accolto la richiesta dei legali dell’accusa che avevano denunciato la brutalità e la misoginia di Jeremie Assous, l’avvocato di Depardieu. Molti giornali hanno notato che in difesa dell’attore sono scese in campo diverse attrici, fra loro Fanny Ardant e Brigitte Bardot.
DELITTI VICINI. Nella settimana tre donne uccise in poche ore a Fregene, Civitavecchia e a Reggio Emilia. Daniela Coman Luminita, 47 anni, voleva lasciare il compagno Peter Pancaldi. Lui l’ha uccisa e ha confessato dopo un paio d’ore di interrogatorio. Un altro uomo, José German Valera Luna si è presentato ai carabinieri di Civitavecchia, raccontando di aver tolto la vita alla compagna Teodora Kamenova. Stefania Camboni, 58 anni, è stata uccisa invece nella sua villa a Fregene, forse nel sonno. Sotto accusa la compagna del figlio, Giada Crescenzi, che si trova ora in carcere.
DELITTI PERDUTI. Da settimane la procura di Pavia ha riaperto il caso della morte di Chiara Poggi, un delitto per cui sta scontando la pena nel carcere di Bollate, ma con permessi di lavoro, l’allora fidanzato Alberto Stasi. Malgrado il tempo passato, la vicenda appassiona i giornali. Domani in una intera pagina ricostruisce il passato e il presente del delitto di Garlasco. Che qui finalmente viene chiamato per quello che è, un femminicidio, definizione che ai tempi in cui fu commesso non era prevista.
SUPER JASMINE. Sotto lo sguardo del presidente Mattarella e di sua figlia Laura, Jasmine Paolini batte la statunitense Coco Gauff. Gli Internazionali di Roma tornano italiani dopo 40 anni. Raffaella Reggi, che 40 anni fa conquistò gli Internazionali a Taranto, oggi commentatrice sportiva, intervistata dalla Stampa ha fatto notare che sarebbe ora di dare alla Paolini la stessa attenzione che si tributa a Sinner e a Musetti.
CANDIDATA SINDACO. Su Tuttosport pagina intera dedicata a Silvia Salis, 39 anni, candidata sindaca di Genova con il centrosinistra, ex martellista e presidente vicaria del Coni. Racconta all’intervistatore come la mentalità da atleta con il suo impegno quotidiano, possa aiutare anche in politica per la capacità di vedere lontano. Sua ispiratrice Kirsty Coventry, grande ex nuotatrice che sarà da giugno la presidente del Cio. La Verità, dedica alla candidata quattro pagine, compreso il racconto che un anno fa circa avrebbe investito e ferito una donna che stava attraversando la strada. Nel titolo la parola “pirata”, sia pure tra virgolette, che farebbe pensare a una fuga dal luogo dell’incidente della Salis, che non è mai avvenuta.
CALCIATRICI IMPEGNATE. Sulla Stampa ampia intervista di Giulia Zonca a Sara Gama, 36 anni, una vita per il calcio, capitana della Juventus Women, che ha portato il calcio femminile al professionismo. Sulle maglie di saluto le ragazze della squadra la chiamano capitano: “Il linguaggio – commenta – plasma la realtà e declinare il mondo secondo più generi vuol dire dare più facce, includere. Capitana era preferibile, però se dicessi alle compagne ‘capitano è sbagliato’, che reazione potrei avere? Quello è un gesto di affetto puro, di totale rispetto e me lo prendo. Per il resto serve pazienza, abitudine”.
27ora del Corriere della Sera racconta la storia di Alia Guagni del Como Women che si ritira dal calcio col suo curriculum vitae scritto sulla maglia. Alia, classe 1987, ha accettato di fare da testimonial a un’iniziativa volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’incertezza che molte atlete affrontano al termine della loro carriera sportiva. Il formale passaggio al professionismo della serie A femminile scattato il primo luglio del ’92 dovrebbe portare a considerare il calcio un vero lavoro, ma non ha ancora determinato un aumento degli stipendi da consentire alle ragazze di allenarsi con serenità, senza dover trovare altri lavori per arrotondare. Il Como Women da parte sua ha comunicato che d’ora in avanti accetterà solo sponsor che si impegnino ad assumere le proprie calciatrici al termine della loro carriera sportiva.
La Rassegna sui generis è curata da Barbara Consarino con Caterina Caparello, Gegia Celotti, Laura Fasano, Paola Rizzi, Luisella Seveso e Maria Luisa Villa