Quasi un plebiscito. Il Comitato di redazione de la Repubblica è stato riconfermato per un secondo biennio, con un risultato nettissimo. E’ il Cdr che ha guidato lo sciopero di due giorni contro le infiltrazioni della pubblicità nell’informazione in occasione di “Italian Tech Week”, che ha varato il decalogo contro le invasioni della pubblicità nell’informazione, che ha portato alla sfiducia del Direttore Molinari dopo l’invio al macero di 100mila copie per cambiare un articolo su Affari & Finanza, che ha cercato di condurre con equilibrio l’ennesimo esodo di redattori. Un esempio di come sia ancora possibile fare sindacato nelle redazioni. Di come i giornalisti possano ancora avere un peso.
A rappresentare i giornalisti de la Repubblica per altri due anni saranno Matteo Pucciarelli (162 preferenze), Alessandra Ziniti (100), Zita Dazzi (103), Francesca Savino (76). Al posto di Luca Pagni, che lascia il giornale in prepensionamento, ci sarà Andrea Greco (107 preferenze). Hanno votato in 219 su 311 aventi diritto (70,42 per cento).
lunga lettera
Nel momento della fine del primo mandato il Cdr ha inviato una lunga lettera ai colleghi, per “mettere in fila il lavoro di questi oltre due anni molto intensi, faticosi e appassionanti”. I cinque rappresentanti spiegano di essersi posti come primo obiettivo quello di “rivendicare l’orgoglio e il senso di appartenenza di una redazione sfibrata e impaurita”, rimettendo al centro valori come indipendenza della testata e rispetto della deontologia professionale: “Eravamo convinti che, dopo molti e troppi sì, fosse arrivata l’ora di dire anche dei no, riscoprendo una conflittualità a cui forse ci eravamo disabituati. Nulla sarebbe stato possibile senza il vostro appoggio”.
Ed ecco alcuni dei risultati raggiunti: possibilità per tutti di assistere alle riunioni di redazione; ritorno alle sostituzioni estive; decalogo con stilate linee guida sul rapporto tra informazione e pubblicità; lavoro per sanare le disparità tra contratti Repubblica e contratti Gedi visual; dialogo con precarie e precari del giornale, “che meritano una prospettiva di crescita e stabilizzazione”; costituzione del coordinamento dei Cdr del gruppo Gedi, organizzazione del primo sciopero di tutte le testate dell’ormai fu-gruppo Espresso, ora Gedi, dopo la vendita dei giornali locali; nuovo piano di prepensionamenti e uscite volontarie, “approvato non senza sensi di colpa”, che si concluderà con un totale di 48 uscite e 35 entrate.
prodotto collettivo
Per la prima volta nella storia de la Repubblica, il Cdr ha proposto e votato, a grande maggioranza, la sfiducia di un Direttore: “Non è stato un passaggio fatto a cuor leggero e nulla è stato mosso da questioni personali. La consideriamo comunque una vicenda – assieme ai due giorni di sciopero sulla vicenda degli articoli a pagamento – che ha mostrato, a noi stessi e all’esterno, che è possibile far sentire con forza e coraggio la propria voce, perché il giornale è un prodotto collettivo e non uno strumento-giocattolo in mano a dei re sole baciati dalla sorte”.
La lettera spiega che ci sarà molto da lavorare per governare la rivoluzione alle porte, quella dell’Intelligenza artificiale: “Non temiamo le innovazioni, ma la storia insegna che le tecnologie non sono mai neutre e adesso in ballo c’è l’esistenza stessa di una importante fetta della nostra forza lavoro. Sarà fondamentale che i più giovani e i nuovi assunti si facciano carico, più di altri, di questa battaglia che riteniamo – anche in tal caso, purtroppo – di sopravvivenza”.
Conclusione: “Abbiamo sicuramente commesso degli errori e ce ne scusiamo. Non esiste una scuola dei Cdr, si impara a piccoli passi e sbagliando. In ultima istanza, in questa avventura ci siamo ritrovati col tempo e nelle vicissitudini ad essere un gruppo di cinque amici, non era scontato e ci ripaga degli sforzi, delle amarezze e del tempo rubato ad altro. Buon lavoro a tutte a tutti, viva la redazione di Repubblica”.
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