di VITTORIO ROIDI

Ha fatto bene il nuovo amministratore delegato della Rai, Roberto Sergio, a strillare forte: “La mia non sarà Tele-Giorgia”. Ciascuno deve essere giudicato in base a ciò che fa. E lui, uomo d’azienda da una vita e democristiano doc (anche questo lo ha sbandierato e non si vede perché dovrebbe vergognarsene), ha tutti i titoli per governare la Rai, nel rispetto del pluralismo di Stato che a questa azienda è imposto dalla legge.

Però ora può fare anche un’altra cosa. Urlare e applicare un “liberi tutti!”, che dia la possibilità ai giornalisti Rai di scegliersi la testata, visto che i direttori sono cambiati. E’ già successo, dopo l’approvazione della legge che nel 1975 moltiplicò le testate radiofoniche e televisive. Pochi lo sanno. Ogni giornalista fu invitato a indicare una o due testate e fu accontentato! Io, insieme con Giovanni Mantovani, Pasquale Nonno e Giuseppe Lugato (eravamo nel Giornale radio unico diretto da Vittorio Chesi) chiedemmo a Sergio Zavoli di lavorare con lui nelle edizioni del mattino del Gr1. Lì andammo e furono anni strepitosi, grazie anche alla professionalità e all’idea liberal dell’inimitabile Zavoli. Altri optarono per il Gr2 di Gustavo Selva, il Gr3 di Mario Pinzauti, il Tg1 di Emilio Rossi, il Tg2 di Andrea Barbato (il Tg3 nacque più tardi, prima con Agnes poi con Curzi).

inviato e presiDente

In un’azienda non monolitica ma plurale come la Rai, un giornalista chi si trovi in una testata che ha cambiato volto potrebbe chiedere di spostarsi in un’altra, Ovvio che la maggior parte non è nelle condizioni di dimettersi come hanno fatto Fabio Fazio (che non è più giornalista e aspettava da mesi un rinnovo) e Lucia Annunziata, che probabilmente, grazie alla sua storia professionale, potrà scegliere di lavorare nel settore privato. Nella Rai ha fatto l’inviato, il direttore e addirittura il presidente. Se non condivide più né metodi né contenuti capisco che lasci un’azienda da cui ha avuto praticamente tutto. Molti la invidieranno, altri la criticheranno. Quanto a me (i ricordi personali andrebbero evitati, lo so) me ne andai non per ragioni politiche, ma perché chiamato da Vittorio Emiliani al Messaggero dove ero nato, a guidare la Cronaca di Roma del primo giornale della capitale già diretta da quel grande professionista che era Silvano Rizza, Anche se la Rai a quel punto appariva già in preda alla lottizzazione sempre più sfrenata. 

libertà intellettuale

Quando il Governo si appropria dell’azienda e cambiano le condizioni politico-professionali iI giornalista deve potersi spostare. Utopia? Altrove sì, in Rai è possibile, è già stato fatto e i giornalisti che lo chiedono devono potersi spostare. Ne hanno diritto perché sono legati al dovere di difendere la propria libertà intellettuale che sta scritto nella legge istitutiva dell’Ordine. E lo potrebbero decidere anche per respingere le assurde e spesso ingiustificate etichette politiche che vengono loro appiccicate. In Rai una moda, una classificazione odiosa e offensiva, visto che anch’essi devono essere giudicati solo sulla base di ciò che fanno. Quanto ai giornalisti “giorgiani”, li conosciamo già. Mostrano di esserlo partecipando a certi dibattiti che vanno in onda sulle reti private, durante i quali appaiono sempre seduti sulla poltroncina assegnata al difensore del governo. Hanno accettato di stare lì e di interpretare quel ruolo, liberi anch’essi. Forse di parte, ma questa è altra faccenda.

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