di ANNA LANGONE

Nella corsa a modellare la professione giornalistica sui cambiamenti imposti da tecnologia e nuovi media, va forse capovolta la prospettiva. Qualche timido segnale si affaccia, se la redazione di un grande giornale come Repubblica chiede di riflettere sulla penalizzazione della carta (a vantaggio del web), vista come perdita di autorevolezza. Da tempo altri quotidiani sono orientati sulla svalutazione dell’edizione cartacea, condannata a riportare l’indomani quanto è già stato scritto e letto il giorno prima sul sito. Un harakiri padre del definitivo appiattimento sulle modalità e sui tempi della rete, con giornalisti a digiuno dell’Abc della “cucina”, delegata ad altre figure che a loro volta ignorano i “nomi” dei pezzi sul menabò, come quelli dei titoli, essenziali per comprendere il valore delle notizie. Molto presto (ma sta già avvenendo) nessuno si meraviglierà se nelle rassegne stampa televisive gli articoli saranno indicati come il servizio a destra in alto, o quello a sinistra in basso, o in altri modi inappropriati. 

interviste ai politici

Diventa normale anche questo, che non è ancora il peggiore svilimento della professione, se si pensa che in Tv è prassi che i politici intervistati per strada sull’argomento del giorno leggano, da un foglio o da un display, la pur brevissima dichiarazione fatta al giornalista, così da non sbagliare. Peccato che quelle parole sembrino proclami, privi di spontaneità e, troppo spesso, anche di sguardo nella direzione giusta. Il senso della realtà finisce per essere la posta in gioco da non giocare e non per la difesa corporativa della professione, ma perché spostare i termini della realtà non conviene proprio a nessuno. 

innocente gaffe

Difficile, anche per i giornalisti, non cadere in tentazione, con i social costruttori di un mondo parallelo nel quale sguazzano identità finte. Tuttavia c’è un esempio più che eloquente. Solo tre mesi fa Elon Musk, pur nella sua eccentricità, ha dimostrato cosa può accadere quando si spostano i confini della normalità, vedendosi costretto a bloccare in corsa la vendita delle spunte blu (che garantiscono autenticità ed affidabilità del profilo Twitter), per via del caos creato sulla piattaforma da chi si spacciava per chi non era. Ora, Fiorello, simpatico a tutti, che grazie alla sua popolarità vede valutare come un’innocente gaffe la violazione della privacy (di Mara Venier con il Covid), non è uno stravolgimento delle regole dell’informazione? Perché Viva Rai2! è si un varietà, ma fa informazione quotidiana, di prima mattina, con la rassegna stampa che riprende i fatti più singolari e persino la “buona notizia”. 

regolamentazione definita

Facile osservare che lo stesso errore non sarebbe stato perdonato a un giornalista, ma la deontologia professionale è sacra, perché garantisce chi legge, ascolta e guarda, che ha però diritto di ricevere lo stesso rispetto dalle tante figure, dello spettacolo o altro, comunque tramite tra notizie e fruitori delle stesse. Dunque influencer, youtuber, social media manager, presentatori e presentatrici che fanno interviste di attualità, un elenco in divenire fuori da una regolamentazione definita, non soggetto a formazione e aggiornamento continui cui sono tenuti i giornalisti per rapportarsi correttamente con lettori, telespettatori & Co. 

A Fiorello tuttavia, geniale nella sua bravura, perché non assegnare l’iscrizione sul campo, ad honorem, all’Ordine? La valanga di anticipazioni che lancia sul mondo dello spettacolo rivela senso della notizia. 

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