Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha rifiutato all’ultimo minuto un’intervista con la Cnn perché la famosa giornalista Christiane Amanpour si è rifiutata di indossare il velo. Lo ha raccontato la stessa giornalista e inviata di guerra, di origine iraniana. “Credo – ha spiegato – che non voglia essere visto con una donna senza velo nel momento in cui nel suo Paese infuriano le proteste”. Proteste per la morte di Mahsa Amini, la 22enne deceduta dopo essere stata arrestata dalla polizia morale a Teheran perché non indossava correttamente il velo.

Due giorni fa il leader iraniano, parlando all’Onu, aveva accusato l’Occidente di usare “due pesi e due misure” quando si esprime sui diritti delle donne nei diversi Paesi.

 matrimonio temporaneo

L’episodio ricorda ciò che successe a Oriana Fallaci, 43 anni fa. Fallaci fece una lunghissima intervista all’ayatollah Khomeini, pubblicata sul Corriere della Sera il 26 settembre 1979. Khomeini aveva accettato l’incontro con lei (prima donna occidentale a intervistare un capo islamico): la guida religiosa della rivoluzione che stava cambiando il paese, l’uomo che aveva cacciato lo Scià a colloquio con la giornalista celebre in tutto il mondo.

Per presentarsi a Khomeini Fallci aveva dovuto eliminare lo smalto e il rossetto, niente gonne o scollature, capelli raccolti, pantaloni neri, camicione nero e, su tutto, il chador, il velo obbligatorio imposto alle donne iraniane. Aveva anche contratto un matrimonio “temporaneo” con il suo interprete: un mullah l’aveva vista mentre si cambiava i vestiti per mettersi il chador nel palazzo di Qom, luogo dell’incontro; nella stessa stanza era presente l’interprete e secondo la legge in vigore in Iran se un uomo si appartava con una donna che non era sua moglie rischiava la condanna a morte per adulterio. Lo stesso mullah addetto al “matrimonio riparatore” aveva sbagliato i nomi e Oriana di era ritrovata “sposata” con l’officiante anziché con l’interprete.

“scomodo e assurdo”

Accoccolata sul tappeto e circondata dalle guardie della Rivoluzione, Oriana aveva osservato l’anziano religioso che le sedeva di fronte. Khomeini non l’aveva guardata in faccia neanche una volta.

Dopo una serie di domande sul fascismo, sul fanatismo, sulla sua dittatura, sulla mancanza di libertà, sulle 500 recenti fucilazioni, sulla libertà sessuale, sui curdi perseguitati, alla fine dell’intervista, Fallaci scrive: “Sembrava irritato, e davvero deciso a congedarmi. Tentai di trattenerlo. La prego, Imam. Ho ancora molte cose da domandarle. Su questo chador, per esempio, che lei impone alle donne e che mi hanno messo addosso per venire a Qom. Perché le costringe a nascondersi sotto un indumento così scomodo e assurdo, sotto un lenzuolo con cui non si può muoversi, neanche soffiarsi il naso? Ho saputo che anche per fare il bagno quelle poverette devono portare il chador. Ma come si fa a nuotare con il chador?

E allora i terribili occhi che fino a quel momento mi avevano ignorato come un oggetto che non merita alcuna curiosità, si levarono su di me. E mi buttarono addosso uno sguardo molto più cattivo di quello che m’aveva trafitto all’inizio. E la voce che per tutto quel tempo era rimasta fioca, quasi l’eco di un sussurro, divenne sonora. Squillante.

“donne perbene”

‘Tutto questo non la riguarda. I nostri costumi non riguardano voi occidentali. Se la veste islamica non le piace, non è obbligata a portarla. Il chador è per le donne giovani e perbene’.

Prego? Credevo d’aver capito male. Invece avevo capito benissimo.

‘Ho detto: se la veste islamica non le piace, non è obbligata a portarla. Il chador è per le donne giovani e perbene’.

Poi rise. Una risata chioccia, da vecchio. E rise Ahmed. Rise Bani Sadr. Risero, uno a uno, i bruti con la barba: sussultando contenti, sguaiati. E fu peggio che consegnarmi a Khalkhali perché subito i tormenti e le umiliazioni e gli insulti che m’avevan ferito in quei giorni vennero a galla per aggrovigliarsi in un nodo che comprendeva tutto: la birra negata, il dramma del parrucchiere, la via crucis di Maria Vergine che cerca con san Giuseppe un albergo, una stalla dove partorire, fino alla carognata del mullah che m’aveva costretto a firmare un matrimonio a scadenza. E il nodo mi strozzò in un’ira sorda, gonfia di sdegno.

l’ombra di un gatto

Grazie, signor Khomeini. Lei è molto educato, un vero gentiluomo. La accontento sui due piedi. Me lo tolgo immediatamente questo stupido cencio da medioevo.

E con una spallata lasciai andare il chador che si afflosciò sul pavimento in una macchia oscena di nero.

Quel che accadde dopo resta nella mia memoria come l’ombra di un gatto che prima se ne stava appisolato a ronfare e d’un tratto balza in avanti per divorare un topo. Si alzò con uno scatto così svelto, così improvviso, che per un istante credetti d’esser stata investita da un colpo di vento. Poi, con un salto altrettanto felino, scavalcò il chador e sparì”.

Professione Reporter

(nella foto, settembre 1979, Fallaci intervista Khomeini)

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