L’intervista di Guido Crosetto (fondatore di FdI) a La Repubblica di venerdì 5 agosto conferma il pressapochismo di parte dei giornalisti italiani non adusi a “correggere” o addirittura smentire le dichiarazioni degli intervistati anche quando si lasciano trasportare e inseguire tutte le fake news sull’Europa o affermano cose non attendibili.
Chi ha letto quell’intervista alla domanda “Che vuol dire lo slogan “Meno Europa, ma meglio?”, ha letto la risposta dell’aspirante ministro della destra, «Che alcuni burocratismi sono surreali e distruttivi, tipo stabilire l’esatta dimensione dei cetrioli». 

Era una normativa del 1988 (Regolamento 1677/88 dell’allora Commissione) che voleva garantire qualità a questo prodotto. Da oltre dieci anni questa norma è stata abolita. Ma i lettori italiani hanno appreso che l’Ue pensa alle dimensioni dei cetrioli.
Il  dimissionario premier inglese Boris Johnson quale corrispondente da Bruxelles  del Daily Telegraph, nei primi anni Novanta, si divertiva a pubblicare notizie false di carattere euroscettico.
Fra il fior da fiore delle sue fake news, ricordiamo il divieto sulle patatine nel cocktail di gamberi e le salsicce britanniche (titolo in prima pagina, “Minaccia alle salsicce rosa britanniche”), la norma per standardizzare le dimensioni dei preservativi perché gli italiani avrebbero il pene più piccolo, il regolamento sul grado accettabile di curvatura delle banane, l’imposizione alle donne di restituire i loro sex toy, il rischio che le banconote euro rendessero le persone impotenti e  che le monete facessero ammalare. 

Ma torniamo all’intervista a Guido Crosetto su Repubblica. Il giornalista che lo ha intervistato, col suo silenzio, ha contribuito a convalidare questa fake news.
Ancora oggi la gran parte dei corrispondenti della stampa italiana a Bruxelles sono bravi e competenti, sulla scia dei Franco Papitto, Sergio Sergi, Andrea Bonanni, Marco Zatterin, Adriana Cerretelli, Maria Laura Franciosi e altri che ho avuto il piacere e l’onore di conoscere nella mia breve esperienza di corrispondente nella capitale belga.
E constatai, ad esempio, che la stampa italiana  si avvaleva col contagocce  della qualità dei propri corrispondenti a Bruxelles. C’era spazio però quando c’era la polemica di Berlusconi contro Schultz, o quando qualche ministro italiano riusciva a polemizzare con qualche collega di altri Paesi dell’Ue.

Nelle redazioni italiane credo sia necessario inserire o utilizzare al meglio giornalisti capaci di far comprendere ciò che si decide a Bruxelles, come funzionano i meccanismi europei (in molti casi da snellire).
Credo utile che nelle facoltà universitarie di Scienze della comunicazione si inserisca anche un corso specifico di “Giornalismo europeo” (o qualcosa di simile) per offrire  ai giovani che desiderano svolgere questa professione gli strumenti per far scoprire, anche ai lettori della stampa non specializzata, l’istituzione europea in tutti i suoi aspetti che determinano il futuro del nostro paese.

rocco.tancredi1@gmail.com

2 Commenti

  1. Bravissimo! È anche opportuno che gli aspiranti giornalisti conoscano e parlino almeno due lingue europee!!!

  2. Nel giro di pochi anni siamo passati da Almirante, Berlinguer, Andreotti, Spadolini, Ugo La Malfa, Craxi, De Mita, a tanta “farfughia”!!!!!!!!!!!!!

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