Punture di spillo, attacchi frontali, difese plateali. Tutto all’interno dello stesso gruppo, il Gruppo Gedi, presieduto da John Elkann, editore, in primis, di Repubblica e Stampa. Tutto ciò si può leggere come disarmonia. O come palestra di pluralismo.

Oggetto del contendere è persona mite e appartata, Lucio Caracciolo. Dal 1976 al 1983 cronista politico e poi capo del servizio politico a Repubblica, quindi caporedattore a Micromega e fondatore di Limes, rivista di geopolitica. Una vita nel Gruppo Caracciolo (Lucio è solo omonimo del Principe), Gruppo Espresso, ora Gedi. L’8 aprile, su Twitter, Gianni Riotta, che dal 2011 lavora per La Stampa, dove era già stato in precedenza, prende di petto Caracciolo: “Lucio Caracciolo di Limes diventa ora per Travaglio e Il Fatto-Tass portabandiera dei Putinversteher, con il perenne bla bla sul peccato originale Occidente. Peccato davvero, ma la deriva era visibile da anni ormai”. I Putinversteher sarebbero “quelli che capiscono Putin”.

scambio di commenti

L’attacco è diretto al corpo e avviene in terreno amico, perché anche Limes fa parte della famiglia Gedi. Il terreno è ancor più amico perché Gianni Riotta figura da molti anni fra i corrispondenti dagli Stati Uniti di Limes.

Con l’avvento di Maurizio Molinari a Repubblica le collaborazioni di Caracciolo si sono molto ridotte, anche in questo periodo di guerra, durante il quale è molto conteso dalle tv (ospite quasi fisso a Otto e mezzo di Lilli Gruber). Frequente è invece diventata su Repubblica la firma di Riotta. Una sorta di scambio di commentatori fra i due direttori: Riotta alla corte di Molinari, proveniente da quella di Giannini, mentre e Caracciolo si affaccia spesso sulle pagine della Stampa.

Non solo. Il 10 aprile il direttore della Stampa Giannini, in un lungo editoriale sulla situazione del mondo (“Il voto francese e il destino delle democrazie occidentali”), prende  Caracciolo sotto l’ala: “Le sanzioni quasi mai sono bastate a far finire un conflitto bellico. Lucio Caracciolo ce lo ha opportunamente ricordato, nel fuoco di questa tragica crociata di Santa Madre Russia contro l’Ucraina. E solo nella parallela e patetica guerricciola delle pseudo intelligenze tricolori questo giudizio storico basta per cucire sulla giacca di uno dei più autorevoli esperti di geopolitica internazionale la “Z” infame della brigata Putinversteher, guidata dall’ineffabile professor Orsini. Tant’è: nella lunga notte della ragione italiana, purtroppo, tutte le vacche diventano nere”.

esempio migliore

Non basta. Nella stessa domenica 10 aprile interviene su Twitter Ezio Mauro, successore per vent’anni di Scalfari alla direzione di Repubblica: “Lucio Caracciolo è l’esempio migliore di giornalismo competente e libero”.

Sullo sfondo, ma non troppo, di tutto questo, c’è lo straordinario successo del numero di febbraio di Limes, “La Russia cambia il mondo”, che ha già venduto 120mila copie, e non si ferma. Numero che batte qualsiasi potenziale ostilità verso Caracciolo all’interno del Gruppo Gedi, anche quella eventuale di Molinari, che è anche direttore editoriale, quindi supervisore di tutti i media. Come ha ricordato recentemente a Selvaggia Lucarelli, che su Domani aveva attaccato il racconto di Repubblica sulla storia fra la preside romana e uno studente. Poiché Lucarelli collabora con Radio Capital Molinari le ha spiegato che avrebbe dovuto consultarsi con lui prima di scrivere.

Professione Reporter

(nella foto, Lucio Caracciolo)

4 Commenti

  1. Non sono certo che questo mio Post sarà pubblicato. HuffPost mi censura da tempo anche se fa passare anche commenti spazzatura anche volgari. Su Professione Reporter alcuni miei commenti hanno subito la censura. Che Molinari voglia controllare anche la collega Lucarelli non meraviglia. Le poltrone alla direzione delle Corazzate dell’Informazione sono passate per una riorganizzazione del Gruppo GEDI e non solo. 40 anni fa, nella conferenza “Il ruolo dei partiti nell’Era della Telematica”, prevedemmo che i Detentori delle Tecnologia avrebbero compresso la vera libertà mettendo le mani sull’Informazione da aggiungere al controllo delle Banche e del Denaro in generale. Le concentrazioni editoriali sono sotto gli occhi di tutti. Ma ormai sono Tigri di Carta. Fanno più opinione La Repubblica e la Stampa oppure un gruppo di amici in Rete che hanno ognuno 5.000 amici in ogni angolo del Mondo? Siamo solo all’inizio del cambiamento. Mi dispiace per molti colleghi giornalisti nelle Corazzate che rischieranno il posto di lavoro.

  2. Un solo commento per ora. Il nostro. Stasera controlleremo se ci sarà ancora. Capiremo se Professione Reporter consentirà un’informazione plurale.

  3. Questa vicenda conferma come Maurizio Molinari sia stato imposto alla direzione di Repubblica con l’intento preciso di distruggere la connotazione storica dell’intero gruppo della fu Editoriale L’Espresso. Non sfugge a nessuno che, in una logica di avvicendamento normale, se Verdelli non era gradito, sarebbe bastato mettere Giannini alla direzione di Repubblica e non sarebbe cambiato nulla. Invece il disegno era preciso, giacchè Giannini, con tutta la buona volontà, non sarebbe mai potuto riuscire a cambiare volto alla Stampa, pur sempre il giornale di famiglia. Molinari a Repubblica invece era l’uomo adatto per il raggiungimento dello scopo, aggiungendo alla direzione il compito di supervisore dell’intero gruppo. L’avvertimento alla Lucarelli è un esempio chiarissimo. Molinari è un giornalista mediocre, a voler essere buoni, ma il suo mestiere è un altro. E si vede.

  4. Io vorrei ricordare l’intervista che Lucio Caracciolo ha dato a Micromega nove giorni prima dell’invasione. Alla prima domanda «…quanto è realistico uno scenario di vera guerra?», risponde: «Non era molto credibile prima, non lo è a maggior ragione oggi…». Alla seconda: «Facciamo un passo indietro: come siamo arrivati a questo punto?» risponde: «Credo che occorra risalire innanzitutto al fatto che quando è andato al potere, Putin pensava che la Russia potesse un giorno entrare nella Nato», per addentrarsi poi nel Putin-pensiero: «Putin, infatti, anche per la sua biografia pietroburghese, appartiene a quella parte rilevante della classe dirigente russa che si sente fondamentalmente legata all’Europa e all’Occidente e che pensa alla Russia come terza gamba dell’Occidente insieme all’Europa e agli Stati Uniti».
    L’intervista è rilevatrice del Caracciolo-pensiero, fondatore e direttore della prima rivista di geopolitica italiana. Evito di fare commenti ma per chi non ha letto l’intervista, aggiungo il link: https://www.micromega.net/guerra-ucraina-intervista-caracciolo/

LASCIA UN COMMENTO