di VITTORIO ROIDI

Un dietrofront così non si era mai visto. In poche ore i titoli dei giornali sono passati dal panico alla rassicurazione, come se niente fosse. Tutta colpa di Omicron, la variante sudafricana al Covid 19: all’inizio ci hanno detto che eravamo di nuovo sull’orlo del precipizio. Poi dietrofront, “come non detto”, calma e gesso.

Hanno sbagliato i virologi, le autorità sanitarie o i giornalisti? Forse tutti, anche se tocca a questi ultimi diffondere le informazioni e trovare le parole opportune nelle diverse occasioni. Se in Sudafrica il virus era mutato, se un solo aereo aveva sbarcato 64 passeggeri contagiati, se molti paesi chiudevano gli scali, se qualche esperto diceva che Omicron era più pericoloso della variante Delta: cosa significava, come dovevano interpretarlo i titolisti? Con alle spalle due anni di paure e migliaia di morti, le parole erano delicate, andavano pesate e invece si è perso il senso della misura. Quante ce ne erano possibili: pericolo, inquietudine, preoccupazione, allarme, panico? Quale era quella giusta?

corso universitario

I vecchi maestri dicevano che il giornalismo si impara sul campo. Ma cosa hanno appreso i giovani praticanti nelle redazioni? Che un termine vale come un altro?  Di fronte alla pandemia, prima di scrivere o di pronunciare ogni frase in tv ci vorrebbe un corso universitario. Altrimenti si rischia di fare la figura dei ciarlatani e di doversi correggere poche ore dopo. Si perde autorevolezza, la gente non si fida più. Mentre i social, anonimi e scriteriati, fanno disastri e spingono verso l’ignoranza e l’antiscienza, ai professionisti della notizia non è consentito sbagliare. Il pubblico ha bisogno di certezze, mentre Instagram e Facebook spargono sciocchezze e veleni che finiscono sui miliardi di telefonini che anche i ragazzi hanno in tasca.

la scienza e gli annunci

Diceva ieri il titolo di Repubblica: “Usa e Ue, fermare il panico”. Ma chi lo aveva generato, chi in pratica lo aveva diffuso, quel panico? Qualcuno dice: “Così molti cittadini hanno preso paura e sono andati a vaccinarsi”, ma quante varianti vedremo ancora, quante volte dovremo misurarci con simili annunci privi di scientificità? Il vaccino deve essere il naturale antidoto contro il male, non il rifugio di paure ingiustificate.

Allo stesso modo, a Bruxelles, i soloni della cultura europea non tocchino il Natale e le tradizioni religiose dei popoli. Provino invece a misurarsi con il virus che ci affligge, creino un canale di informazioni capace di diffondere ciò che è vero e certo. Non per dare il “verbo” sanitario – ché i giornalisti resteranno comunque liberi di scegliere le proprie fonti – ma per introdurre una voce sicura nel marasma delle varianti che, altrimenti, provocheranno ogni volta terrore lì dove invece basterebbero solo attenzione e prudenza. In attesa che i laboratori specializzati diano il proprio responso.

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