Un grande giornale come Repubblica poggia, nelle redazioni locali, nelle cronache cittadine, in buona parte sulle fragili spalle dei precari, lavoratori con contratti che non c’entrano col contratto giornalistico, che sono co.co.co. O anche senza contratto.

L’organizzazione del lavoro negli ultimi anni si è modificata: i giornalisti con contratto giornalistico regolare vengono utilizzati per confezionare il giornale, mentre una quota importante del lavoro “di strada”, della ricerca delle notizie (di cronaca in particolare) è affidato a chi ha altri contratti, a videomaker, a fotografi. Cambiamenti che devono indurre Ordine e sindacato a prendere atto delle nuove realtà e a combattere le palesi ingiustizie che si creano.

altri giornali

La fotografia di questa situazione è stata scattata, nei primi mesi del 2020, poco prima dell’incubo Covid, dal Coordinamento dei precari di Repubblica. Tutto lascia pensare che le cose siano rimaste almeno immutate, se non peggiorate. Anche perché il numero dei redattori “regolari”, a causa dei prepensionamenti si è ridotto. Molto lascia pensare che anche in altri giornali -dove i collaboratori sono meno organizzati- ci siano costruzioni simili a questa. L’Inpgi sta svolgendo un’indagine nelle sedi decentrate di Repubblica, dalla quale emergerà un quadro ancor più dettagliato. Il Coordinamento si è sempre rifiutato di rendere pubblici i dati del rapporto, ma il documento nei mesi scorsi ha iniziato a circolare a Repubblica.

In generale, le redazioni locali di Repubblica hanno poco più di dieci assunti, la maggior parte dei quali svolge un compito di desk. Fa eccezione Milano, la più grande, che ha più di 20 assunti. Nella maggioranza delle redazioni i cronisti “di strada” sono meno dei collaboratori fissi. All’epoca dell’indagine, i precari nelle redazioni locali del giornale erano 144, dei quali circa 90 considerati “storici”, cioè al lavoro da molti anni.

doppio del limite

Secondo il Coordinamento, ci sono collaboratori che vengono chiamati tutti i giorni, collaboratori che saltano la corta, e lavorano sei giorni su sette a Torino, Genova, Firenze, Napoli, Bari, Palermo, Roma, Bologna. Collaboratori che nonostante non abbiano l’esclusiva, hanno difficoltà a intrecciare altre collaborazioni, per mancanza di tempo o per ostruzionismo dei capi. In due redazioni su tre, le ferie dei collaboratori vengono concordate con i capi. Nella metà delle redazioni i collaboratori possono intervenire sul sito. O addirittura sono loro a gestirlo. 

Gli articoli da scrivere: in alcune redazioni sono il doppio del limite contrattuale, in altre il triplo, in altre più del triplo. Intorno a mille all’anno.

In alcune redazioni locali viene chiesto ai collaboratori di lavorare nei giorni festivi, senza nessun benefit. In altre si può fare su base volontaria. In altre lo fanno solo i giornalisti che si occupano di sport. Nel 33% delle redazioni i collaboratori sono inseriti nella turnazione, in altri casi solo durante le feste di Natale, Pasqua o ad agosto. Turnazioni tra i collaboratori nella metà delle redazioni; nelle altre, turnazioni nei periodi di feste natalizie, Pasqua, agosto.

La presenza in redazione: in alcune è obbligatoria, in altra consentita, in altre tollerata, in altre vietata.

In quasi tutte le redazioni i collaboratori coprono settori come la politica, la nera, la giudiziaria, lo sport, la cultura.

Professione Reporter

(nella foto, manifestazione di protesta dei videomakers, agosto 2021)

1 commento

  1. Scusate…..in tutti i quotidiani da anni i cosiddetti collaboratori fanno oltre il 70% del giornale.Non mi pare che quella di Repubblica sia una notizia. Semmai è da domandarsi dove sia finito nel frattempo il sindacato.

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