L’Inpgi chiuderà i bilanci in passivo fino al 2048.

Sia quelli relativi alle entrate e uscite per le pensioni, sia quelli che comprendono anche i rendimenti degli investimenti e le spese di gestione. Poi, dal 2049 il bilancio tornerà in attivo e così sarà fino al 2067. Parola di Inpgi, che quasi due anni fa ha approvato questo “bilancio tecnico” in proiezione futura.

Cifre impressionanti, che si ritrovano nella Relazione sulla gestione finanziaria 2018 dell’Inpgi, approvata dalla Sezione controllo enti della Corte dei conti nel gennaio 2021 (estensore Giancarlo Astegiano, presidente Manuela Arrigucci). In qualche maniera la Relazione è superata dai tempi (risale a due anni fa), contiene alcuni dati già noti e altri meno noti, dei quali la maggior parte dei giornalisti non è consapevole.
Due fra gli altri.
L’Inpgi ha una enorme quantità di crediti nei confronti degli editori.

La Corte dei Conti sottolinea come gli organi sociali (consiglio di amministrazione, assemblea, collegio sindacale) dell’Istituto siano composti da troppe persone.Vediamo in dettaglio.

COMPROMETTERSI DEFINITIVAMENTE. Nell’introduzione della Relazione la Corte sostiene che il quadro dei risultati 2018 “impone agli organi di amministrazione dell’Inpgi di porre responsabilmente in essere ulteriori interventi per rimediare a una situazione che, altrimenti, rischia di compromettersi definitivamente”.

RIFORMA INSUFFICIENTE. Secondo la Corte, gli effetti della riforma completata nel 2017 per avvicinare le condizioni garantite dall’Inpgi oggi a quelle della maggioranza dei pensionati italiani “non appaiono sufficienti allo scopo di conseguire condizioni di equilibrio strutturale, armonizzando l’ordinamento Inpgi con il sistema previdenziale generale. Le proiezioni del nuovo bilancio tecnico, riferito al periodo dal 2018 al 2067, evidenziano come l’Inpgi non sia in grado di mantenere la solvibilità prospettica”.

NUOVI ARRIVI. L’equilibrio di gestione -secondo la Corte- sarebbe conseguibile solo attraverso un idoneo numero di nuovi ingressi, che ad oggi non si stanno concretizzando a causa della crisi del settore editoriale.

Proprio per questo l’attuale dirigenza Inpgi preme per l’ingresso dei “comunicatori”, giornalisti che lavorano senza contratto giornalistico. Ma gran parte dei comunicatori sta facendo resistenza.

CREDITI RILEVANTI. L’Inpgi deve avere 276,09 milioni da aziende editoriali. Di cui 226,73 milioni per contributi e 49,36 milioni per sanzioni e interessi. Si tratta di una cifra superiore al disavanzo del 2020 (253 milioni). Tuttavia 111,72 milioni, un po’ meno di metà, sono considerati “inesigibili”, perché dovuti in buona parte da aziende fallite o in liquidazione coatta. Nel 2018 l’Istituto ha recuperato crediti per soli 8,9 milioni e ha autorizzato 135 dilazioni di pagamento.

TROPPI SOGGETTI. La Corte sottolinea che “gli organi sociali sono composti da un numero elevato di soggetti che, se trova giustificazione nella natura dell’Ente che sostanzialmente è destinato a comporre interessi non sempre convergenti, non è funzionale ad assicurare l’efficacia dell’azione e, comunque, comporta costi elevati che incidono su una gestione che presenta un andamento negativo”.

NUMERI IN PEGGIORAMENTO. La Corte ricorda tutte le progressioni negative: il disavanzo solo della parte previdenziale nel 2018 è di 181 milioni (173 nel 2017, 151 nel 2016).
I giornalisti attivi che pagano i contributi nel 2018 sono 14.731 e le pensioni sono 9.569, con un rapporto attivi/pensionati di 1,54 (nel 2013 era 2,12).
Il patrimonio globale netto (immobili e investimenti finanziari) è di 1.574 milioni (-9,3 per cento rispetto al 2017).
La riserva Ivs (quanto patrimonio residuo c’è per pagare le pensioni) è di 2,95 annualità (nel 2016 era 3,36, nel 2015 era 3,93, nella 2014 era 4,03). Per legge dovrebbe coprire almeno 5 anni.
NOTIZIE POSITIVE. La prima riguarda la gestione separata, Inpgi 2, che si occupa dei giornalisti non dipendenti. Qui, tutto funziona. Nella proiezione sul futuro, i bilanci saranno positivi fino al 2067. Ci sono 24,6 attivi per ogni pensionato. Parliamo, però, di piccole cifre: le pensioni medie sono di 1249 euro l’anno, i redditi medi dei liberi professionisti ammontano a 14.949 euro, quelli dei Co.co.co a 8.882 euro l’anno.Seconda buona notizia: i magistrati della Corte ricordano che l’Inpgi è l’unica cassa privatizzata sostitutiva dell’Assicurazione generale obbligatoria per i dipendenti del settore privato e si trova nell’elenco Istat delle amministrazioni pubbliche. Forse una speranza per non essere abbandonati al proprio destino.
(nella foto, Giancarlo Astegiano, magistrato della Corte dei Conti)
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