di RAFFAELE FIENGO

“Noi crediamo che la crescente crisi climatica sia lo sbocco definitivo delle nostre generazioni e che il pianeta si trovi nello stretto di una emergenza climatica.
Vogliamo che il ‘Guardian’ abbia un ruolo primario nel seguire la catastrofe ambientale. Di conseguenza, oggi, al Guardian ci prendiamo i seguenti impegni:
Riferiremo su come il collasso ambientale già coinvolga popolazioni nel mondo, compresi i disastri naturali e gli eventi meteorologici estremi”.
Queste sono le prime frasi di “We Believe”, l’Impegno del Guardian per l’ambiente, preso direttamente con i propri lettori, pubblicato il 17 ottobre.

Una membership attiva

È un testo importante, per il linguaggio e per il rapporto con la comunità dei lettori che, da un po’ di tempo, il giornale inglese ha messo su un piano nuovo aprendo con loro una membership attiva e partecipata. Un particolare legame spiegabile anche con il fatto che sia nato come “Manchester Guardian” dopo la strage del 2 agosto 1819, quando un’assemblea cittadina che reclamava in piazza un rappresentante popolare ai Comuni fu soffocata nel sangue. (Un racconto di quella vicenda è in un bel film uscito quest’anno, circolato poco in Italia, “Peterloo”).
Questo “Impegno”, che vale la pena leggere nella sua integrità, è tutt’altro che generico: sono annunciate iniziative in tutte le pagine del giornale, dalla cronaca alle pagine di Food e Salute, oltre che nella Scienza, per aiutare il passaggio a una piena “sostenibilità” della vita da parte dell’ambiente. E comprese le inchieste necessarie sulle strutture economiche e politiche, che sostengono l’economia del carbone.
Il tutto accompagnato da lettere personali della direttrice Katherine Viner e dei suoi colleghi John Mulholland (Guardian US) e Lenor Tayl (Guardian Australia).
Anche le famose “regole di stile” cambiano: ad esempio non più l’espressione “Climate change”, ma “climate emergency”. E poi la garanzia di riscontri sempre scientifici e la promessa di raggiungere, nelle proprie produzioni, stampate e no, il livello di “emissioni zero” entro il 2030.

In Italia? Scarsa eco

In Italia il “We Believe” suscita l’interesse un po’ rassegnato di giornalisti alle prese con una crisi di ruolo. Questo il tweet di Roberto Reale (@reale_Scenari) : “Giornalismo indipendente da politica e talk. Il Guardian si impegna coi lettori a seguire la crisi ambientale. Promette rigore scientifico, nessun condizionamento da interessi, inchieste, linguaggio accurato. Fa suo obiettivo emissioni zero entro 2030. Un altro pianeta rispetto a noi”. Il successo di questo commento con le molte adesioni su Twitter non nasconde l’amara consapevolezza sullo stato delle cose.
Certo il giornalismo italiano, anche oggi, non manca di eccellenze, ma la sua funzione è pallida. Forse proprio perché non è abbastanza collegato alla comunità. “To our readers”, Ai lettori, non è una chiave recente. Time Magazine l’ha sempre usata, raccontando il retroscena, il percorso interno, compresi gli incidenti, delle proprie storie migliori. Il New York Times, il 13 novembre del 2016, annunciò ai propri lettori una “riflessione sul lavoro svolto”, con un testo imbarazzato perché, insieme con tutta la grande stampa americana, non aveva saputo prevedere l’elezione di Trump.
Ma quel giornale, è passato da 100 mila abbonamenti all’edizione digitale nel 2019 a quasi 5 milioni oggi. Proprio grazie a un patto forte con i lettori basato su indipendenza e qualità. E fiducia nel valore della verità. Anche se Donald Trump è ancora nella Casa Bianca, con il suo bagaglio di centinaia di bugie documentate dal Washington Post (2000 nel 2017!) sotto la scritta quotidiana in testata Democracy dies in darkness”.
Ecco qui di seguito le declinazioni della parola Truth, verità, elencate proprio dal New York Times in un cartellone al Word News Media Congress di Glasgow nel giugno 2019:

La verità è dura,
La verità è nascosta,
La verità deve essere perseguita,
La verità è dura da ascoltare,
La verità è raramente semplice,
La verità non è così ovvia,
La verità è necessaria,
La verità non può essere messa da parte,
La verità non ha un’agenda,
La verità non può essere confezionata,
La verità non è di parte,
La verità non è rossa o blu,
La verità è difficile da accettare,
La verità non tira pugni,
La verità è potente,
La verità è sotto attacco,
La verità vale la pena difenderla,
La verità richiede di prendere posizione,
La verità è più importante che mai

Il cartellone Truth è inserito in una riflessione di Rasums Kleis Nielsen, direttore del Reuters Institute for the Study of Journalism di Oxford, pubblicata il 1 ottobre 2019 e intitolata, nella traduzione italiana di MarioTedeschin Lalli,
“Avanguardie e retroguardie nella battaglia per il futuro del giornalismo”
https://medium.com/@tedeschini/avanguardie-e-retroguardie-nella-battaglia-per-il-futuro-del-giornalismo.

 

 

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